L’inizio del 2016 è stato contrassegnato dal lancio in grande stile dei sistemi di visione della realtà virtuale: Samsung, LG, HTC e presto Sony ci propongono una esperienza di visione che cambierà il nostro modo di relazionarci con il mondo e con gli altri.
La redazione di Macitynet ha provato tutti questi sistemi sia al CES che a MWC e anche nelle occasioni precedenti quando erano stati mostrati come prototipi agli eventi specializzati.
Sicuramente con i Gear VR di Samsung si sono ottenuti grandi progressi e la tecnologia degli schermi, unita alla buona risoluzione e a un buon livello di integrazione, permettono una fruibilità maggiore delle soluzioni basate su semplici visori in stile Cardboard in cui al massimo l’unico punto di interazione con lo smartphone (oltre all’uso del giroscopio) è un pulsante per attivare un menu di selezione. Si tratta di una tecnologia sempre più alla portata di tutti tanto che Alcatel ha pensato di includere un visore nella confezione del suo telefono di medio prezzo appena presentato all’Expo di Barcellona e sono disponibili ormai tantissime applicazioni in grado di usare lo strumento sia per giocare sia per navigare in mondi reali e virtuali.
Ma il problema di fondo è un altro: sebbene gli schermi dei Galaxy di ultima e penultima generazione siano di elevatissima qualità, questa non basta assolutamente ad avere una visione “realistica”: partiamo da uno schermo ottimo per una visione da 20 cm a occhio nudo per arrivare a una distanza di pochissimi cm amplificata da lenti che ci permettono di apprezzare (ahinoi) la matrice dello schermo su cui vengono mostrate le immagini fotografate, riprese o generate da rendering in tempo reale su dispositivi sempre più potenti.
In pratica ci sembrerà di vedere la realtà da una finestra virtuale sì ma con in mezzo una zanzariera: ottimo per una dimostrazione di qualche minuto ma, a nostro parere, insopportabile per un’interazione prolungata come quella che si auspica Zuckelberg con la sua idea di un modo in cui si comunicherà con sistemi immersivi come Gear VR.
Gear VR ha pure un altro problema: il dover posizionare lo smartphone nella parte anteriore del visore porta a sbilanciare il peso del dispositivo complessivo e questo causa fatica al collo se lo si utilizza per un discreto numero di minuti. La posizione d’uso prolungato ideale potrebbe essere quella supina, stesi in orizzontale con il peso che si distribuisce sulla parte superiore del volto.
Ora capirete che tutte queste condizioni non sono ideali per un uso continuo del prodotto salvo che non lo vogliate usare per qualche simulazione di tipo fisico che ci asteniamo dal descrivere e che prescinderebbe dalle qualità visive intrinseche del mezzo.
Una risposta a questa fatica fisica nell’indossare un telefono al posto degli occhiali l’ha data LG che ha introdotto a MWC16 un sistema con analoghe capacità di visualizzazione (anche qui un discreto effetto “zanzariera” sopravvive) ma con schermi dedicati (uno per occhio) e capace di utilizzare lo smartphone G5 come sorgente di immagini ed esperienze VR. Visto il peso ridotto (siamo ad un terzo di Gear VR) e la possibilità di togliere e mettere velocemente gli occhiali VR a propria discrezione si tratta di un buon compromesso tra qualità finale e indossabilità. Purtroppo non abbiamo potuto fare un confronto diretto per capire se le capacità di refresh sono analoghe a quelle del visore di Samsung.
La realtà virtuale ha enormi potenzialità in moltissimi campi ma alle condizioni attuali i prodotti che ci permettono di fruirne hanno enormi limitazioni e una qualità tale da comprometterne un uso continuativo e non sporadico. Con gli attuali schermi dobbiamo scendere comunque a compromessi e l’efficacia di un approccio VR è sicuramente maggiore con dei visori di tipo Cardboard, da portare agli occhi per brevissimi periodi di tempo senza perdere il contatto con l’ambiente circostante che con sistemi totalmente immersivi.
L’altro problema è proprio quello dello scollegamento del nostro orecchio interno che combina sia la parte uditiva che quella dell’equilibrio dalle azioni che vengono mostrate sullo schermo: il sistema di simulazione meccanica delle montagne russe che abbiamo descritto in questo nostro articolo serve proprio a ricollegare la nostra vista con le nostre capacità acustiche e di orientamento dinamico ma non tutti i giochi e le visioni assicurate dalle proposte VR potranno essere abbinate ad un sistema complesso e costoso e il risultato sulla nostra esperienza d’uso, specie se prolungato, potrebbe risultare da fastidioso o insopportabile.
Htc Vive rappresenta un passo avanti per qualità di visione e capacità di interazione ma dovete pagare un prezzo abbastanza salato in termini di cavi e accessori: dovete in pratica costruirvi uno “spazio sicuro e protetto” in cui muovervi come ciechi senza inciampare negli oggetti della vita reale azionando i relativi controller o rimanendo nel campo di “osservazione” del sistema: nei nostri test durati complessivamente dai 20 ai 30 minuti l’effetto “zanzariera” era praticamente impercettibile ma forse eravamo troppo coinvolti emozionalmente per rendercene conto. Quello che però restava alla fine dell’esperienza è una sorta di straniamento, un’ansia di passaggio dal mondo virtuale immaginifico a quello reale del salone di rappresentanza di un grande hotel o di un padigliore fieristico.
Sicuramente HTC Vive, abbinato ad un hardware potente, sarà un ottimo sistema di gioco per chi vuole lasciare il mondo reale per qualche decina di minuti e sicuramente i produttori di smartphone amplieranno la produzione di schermi 4K solo per inserirli in visori per la realtà virtuale senza l’effetto “zanzariera” ma forse l’unico prodotto in grado di abbinare i due mondi in maniera produttiva ed efficace sarà Hololens di Microsoft che combina in maniera trasparente proiezioni olografiche e ambiente circostante senza condurvi ad un completo isolamento e straniamento. Lo sganciamento da un sistema di elaborazione esterno, vero plus di Gear VR dipenderà dalle capacità di elaborazione del “motore” di Microsoft comunque condensabile in un dispositivo di piccole dimensioni da collare in maniera bilanciata nel casco abbinato al visore. Hololens è più un sistema di Realtà Aumentata che di Realtà Virtuale ma come detto al momento il concetto di base è quello più promettente per uso prolungato di una tecnologia immersiva.
L’altro tipo di tecnologia che dovrà essere sviluppata in combinazione al crescente numero di telecamere a 360 gradi è sicuramente quella per la trasmissione e sopratuttto la fruizione di contenuti “sferici” in tempo reale: le attuali capacità di elaborazione dei contenuti in streaming non sono in grado di gestire la qualità a cui siamo abituati con schermi sempre più dettagliati: un conto è “proiettare” uno schermo con risoluzione 4K su un rettangolo un conto è ricevere in tempo reale un universo sferico preciso nei dettagli: la combinazione delle nuove reti 5G e gli algoritmi che permettono uno streaming ottimizzato per la vostra area di puntamento dinamico saranno un nuovo volano per la commercializzazioni di dispositivi sempre più potenti. Il giudizio finale sull’effettiva necessità lo lasciamo ai nostri lettori.