Per Facebook, il business di Instagram è più che importante: secondo quanto riporta Bloomberg, nel solo 2019 l’azienda avrebbe incassato 20 miliardi di dollari grazie alle pubblicità distribuite tramite Instagram, superando perfino un gigante come YouTube che nel medesimo periodo ha portato nelle casse di Google 15,1 miliardi di dollari.
A quanto pare, in questo momento storico il social network incentrato sulla fotografia è più popolare del sito di video più redditizio del pianeta. E se i 20 miliardi di dollari non sembrano abbastanza allora basti pensare che rappresentano un quarto di tutte le entrate di Facebook del 2019.
Questi numeri sono difficili da inquadrare: da un lato perché Facebook si è rifiutata di commentare queste informazioni, dall’altro perché non sappiamo effettivamente quanti utenti conta Instagram in questo momento. L’ultima informazione in tal senso risale al 2018, quando l’azienda ufficializzò il raggiungimento del miliardo di utenti.
Non stupisce però scoprire che Instagram riesca a portare cifre di questo genere nelle tasche di Facebook. Al momento la pubblicità all’interno dell’app è disseminata praticamente ovunque, a partire dai post del flusso tradizionale fino alle Storie. Ultimamente l’azienda sta anche cercando di facilitare gli acquisti all’interno dell’applicazione, a dimostrazione che Instagram è molto più che un progetto da classificare in seconda categoria.
Venti miliardi di dollari sono comunque venti volte tanto rispetto a quel che spese Facebook per acquistare Instagram ormai otto anni fa. In circa sei anni dall’acquisizione il numero degli utenti passò da 30 a 800 milioni, a dimostrazione degli ottimi investimenti fatti poi da Facebook nello sviluppo del social network della fotografia.
E’ ancora piuttosto recente invece il divorzio dei due fondatori di Instagram, avvenuto nel settembre del 2018 e apparentemente con dinamiche molto diverse dall’abbandono dei creatori di Whatsapp, che all’epoca dell’addio invitavano invece gli utenti a cancellare Facebook puntando il dito su una prepotente violazione della privacy.