Le competenze digitali e informatiche sono la chiave per i giovani per inserirsi nel mercato del lavoro e, se nel futuro saranno necessari professionisti capaci di utilizzare un computer e di programmare, la scuola in Europa si sta muovendo per inserire il coding nel programma scolastico. L’Italia, per ora, non ha fatto passi in avanti. Nello Stivale, la programmazione continua ad essere materia per nerd.
Senza competenze digitali e informatiche è praticamente impossibile trovare un’occupazione: per il 90 per cento dei posti di lavoro sono necessarie competenze informatiche di base. A dirlo è uno studio realizzato da Balanskat A. e Engelhardt K, “Computing our future. Computer programming and coding. Priorities, school, curricula and initiatives across Europe”.
Entro il 2020 in Europa saranno necessari oltre 800mila professionisti con competenze informatiche, ma non è detto che l’Europa sarà in grado di rispondere a questo bisogno. Un sondaggio recente ha mostrato che solo 15 paesi dell’Unione Europea hanno già inserito la programmazione nel curriculum scolastico degli studenti della scuola secondaria (Austria, Bulgaria, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Francia, Ungheria, Irlanda, Lituania, Malta, Spagna, Polonia, Portogallo, Slovacchia e Regno Unito). La Finlandia integrerà la materia nel programma scolastico dal 2016, mentre il Belgio la questione è in discussione. Nella scuola primaria, invece, sono ancora meno gli Stati che hanno già inserito la programmazione nel piano di studio dei più piccoli.
Il “coding” e il pernsiero computazionale non è solo una materia per i “fanatici del computer” o per i nerd, ma è una risorsa, uno strumento fondamentale per aiutare gli studenti nello sviluppo delle competenze logiche e di problem solving. L’Italia? Per il momento dalla penisola, nonostante sia stata in prima fila alla “Code Week”, la settimana europea dedicata alla programmazione, un silenzio ingombrante.