Che la musica in streaming sia il futuro dell’industria è risaputo, ora però arriva la prima conferma di mercato. L’associazione dei discografici USA RIAA ha annunciato che per la prima volta i ricavi della musica in streaming hanno superato, anche se di poco, le vendite di album e canzoni con download digitale. Sul totale di 7 miliardi di dollari di ricavi del settore, il 34,3% è generato dalla musica in streaming, equivalenti a 2,4 miliardi di dollari, contro il 34% dei ricavi derivanti dalle vendite in download digitale, quindi un sorpasso modesto dello 0,3%.
Una fetta consistente dei ricavi, anche se in decrescita costante, è ancora generata dalla vendita della musica su supporti fisici con il 28,8% del totale del fatturato. La progressione della musica in streaming emerge dai dati di mercato: tra il 2013 e 2014 la percentuale dei ricavi era del 21%, poi salita al 27% nel 2014 fino all’attuale 34,3% del 2015.
Anche se il mercato è in crescita e l’ascolto di musica è in aumento, non calano le preoccupazioni dei discografici e degli artisti. Questo perché le percentuali dei ricavi continuano a diminuire con il passaggio dai supporti fisici ai download digitali e poi ancora dai download alla musica in streaming.
Per illustrare la situazione Cary Sherman, Ceo di RIAA ha offerto un esempio illuminante: nel 2015 sono stati venduti 17 milioni di album in vinile in USA generando 416 milioni di fatturato. Questo dato si confronta con solamente 385 milioni di fatturato generato dalla musica in streaming sostenuta con inserzioni pubblicitarie, quindi per volumi di ascolto e utenti infinitamente superiori. Per il Ceo della RIAA non ci sono dubbi: leggi e royaltyes sono basate su modelli e tecnologie ormai superati e ora sfruttati da grandi società per arricchirsi ai danni di artisti, produttori e discografici. Apple, Spotify e concorrenti non vengono citati direttamente, ma il richiamo silenzioso sembra piuttosto diretto.