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La magia di Apple è usare l’AI senza dirlo

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Due cose, a nostro avviso, sono passate un po’ in secondo piano per quanto riguarda gli ultimi annunci di Apple e l’intelligenza artificiale. Andiamo per ordine, partendo da una più generale considerazione che, per quanto possa sembrare ovvia a molti, in realtà merita un attimo di attenzione per essere meglio messa a fuoco.

L’era delle AI

Siamo entrati, da pochi mesi, in un nuovo periodo storico. L’epoca delle intelligenze artificiali. Ma questo, badate bene, non perché le AI possano trasformare il mondo direttamente. No. Anche perché non lo sappiamo. L’idea che una AI prenda il controllo o si ribelli o fantasie del genere sono solo appunto tali: fantasie.

Invece, quel che sappiamo è che il settore tecnologico delle AI ha avuto una esposizione come mai prima e che, a fronte di alcuni prodotti più o meno commerciali (vedi ChatGPT di OpenAI, per esempio) c’è stato un grandissimo baccano e oltre all’attenzione sono piovuti anche gli investimenti delle grandi aziende (Microsoft in testa), i riconoscimenti da parte della Borsa (vedi l’esplosione dei titoli di Oracle, azienda che rientra nel settore, che ha permesso al suo fondatore Larry Ellison di superare Bill Gates diventando il quarto uomo più ricco del mondo), l’attenzione di governi e istituzioni.

Tuttavia, quel che ancora non sappiamo è come funzioneranno le AI nel nostro futuro. Quali i reali casi concreti. Perché ancora l’esodo di migliaia di lavoratori buttati fuori dal loro posto di lavoro ancora non si è visto o, perlomeno, non si vede nel modo con il quale molti si aspettavano.

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La AI secondo Apple: hardware

Invece, alcune cose le possiamo già dire sia per il futuro che per l’immediato presente. Partiamo dal presente del nuovo hardware che l’azienda già produce o che ha presentato per l’immediato futuro. I processori M1 Ultra e soprattutto i nuovi M2 Ultra (con il nuovo Mac Pro) sono strumenti straordinariamente potenti ed efficienti per l’addestramento di modelli di AI.

Apple già da tempo ha creato librerie adatte a questo tipo di funzioni, e comunque una parte piuttosto importante dei suoi SoC Apple Silicon hanno una componente dedicata: si chiama Neural Engine. Su quello torneremo tra un attimo per parlare di quel che Apple fa per usare le AI nei suoi prodotti e servizi. Quello che invece ci premeva sottolineare qui è che i nuovo computer altissimo di gamma di Apple sono anche macchine straordinarie per la l’addestramento di AI da parte di chi li acquista. E, vista la scarsità di macchine basate sulle GPU e schede Nvidia, non è una cosa da poco.

Poi, come ha precisato Craig Federighi, l’azienda non va a competere frontalmente in questo campo e anzi, riconosce il valore di quel che ha fatto Nvidia e la differenza rispetto a quel che fa Apple. I due mondi si intersecano e si integrano, per alcuni versi, ma comunque giocano due partite molto differenti su due piani molto diversi. Però i Mac Pro (e i Mac Studio) con M2 Ultra ci sono e possono essere risorse importanti per alcuni, riservando sorprese importanti per molti.

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Le AI secondo Apple: privacy

Apple ha sempre detto che la privacy è un diritto umano fondamentale e che, come tale, non è possibile delegare e portare fuori dal perimetro dei dati riservati quelli che servono sia all’addestramento che soprattutto al riconoscimento delle informazioni da parte delle AI. Tanto è vero che a lungo Siri (tra le tante forme di AI che ci sono nei prodotti Apple quella con un compito più circoscritto) è stata tacciata di essere la “sorella ritardata” rispetto a Google, Microsoft e soprattutto Amazon (Alexa) perché non permette di migliorare le funzionalità con un apprendimento rinforzato basato sui dati dei singoli utenti.

Invece, la posizione di Apple è risultata vincente: man mano che la potenza di calcolo nei dispositivi cresceva, la possibilità di eseguire i calcoli per addestramento e riconoscimento direttamente sul telefono, tablet o computer diventava sempre più concreata e performante. Inoltre, grazie anche all’utilizzo di algoritmi particolari che permettono di elaborare i dati senza “vederli”, Apple è riuscita a fare la differenza. Le funzionalità per l’intelligenza artificiale, ad esempio il nuovo correttore ortografico che verrà incluso nella prossima generazione di sistemi operativi progettati a Cupertino, dimostra quanto fosse corretta questa posizione. Che ci porta al prossimo punto.

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Le AI secondo Apple: il modello diffuso

Perché utilizzare una AI di moda, “rumorosa” e chiacchierona come ChatGPT, che è una soluzione in cerca di problema (e infatti per capitalizzare Microsoft prima di tanti altri c’è saltata sopra e la sta inserendo ovunque, dalla gestione di Excel alle impostazioni di Windows 11), anziché qualcosa di pensato e appropriato?

Apple, per bocca di Craig Federighi, ha chiarito che l’impatto dell’intelligenza artificiale nel software e quindi nei prodotti di Apple è più forte che mai, ma è anche estremamente diffusa. Praticamente visionOS e quindi VisionPro non sarebbe possibile senza l’AI. E tantomeno le migliaia di funzioni che stanno riempiendo e dando senso alle funzionalità dei software di Apple. L’azienda indaga, prova, sperimenta e aggiunge là dove ritiene che sia necessario. Tanto che quasi non ce ne rendiamo neanche conto.

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Conclusione

Inizialmente avevamo pensato di scrivere questo articolo per spiegare come mai Apple non usa le AI, visto che non le ha menzionate neanche una volta durante il keynote della scorsa WWDC, la conferenza degli sviluppatori dove ha presentato computer con processori estremamente potenti, sei o sette nuovi sistemi operativi e decine di app e funzionalità.

Poi, come per tutti gli articoli di Macity, dopo aver iniziato un periodo di alcuni giorni di ricerche, interviste di background, studio di documenti e materiali (in parte anche inediti) e confronto con alcuni ricercatori italiani e stranieri, senza contare i nostri amici uccellini sempre ben disposti a dire se siamo sulla strada giusta o sbagliata, siamo arrivati alla conclusione che invece era proprio l’opposto.

Apple utilizza moltissimo la AI, lo fa da molto tempo, in maniera attenta e ponderata, senza seguire le mode ma cercando di dargli un senso. Seguendo le linee guida interne secondo le quali devono essere rispettati alcuni valori, tra cui privacy, centralità dell’utente e del design delle interfacce. Tanto che alla fine possiamo dire che, visto il modo con cui Apple usa la AI, poi non ha più neanche senso chiamarla così perché – abbiamo pensato – il nome generico di “intelligenza artificiale”, che vuol dire tutto o niente, serve per definire quando ancora l’uso è immaturo e lo scopo è sostanzialmente far rumore dal punto di vista del marketing o commerciale.

Quando invece l’AI serve, è stata ben studiata e altrettanto ben integrata, “scompare” e si trasforma in una funzione. Che serve per migliorare decine di aspetti delle chiamate su FaceTime, delle fotografie e video, degli scontorni delle immagini, delle ricerche sulla libreria delle Foto, del riconoscimento dei volti delle persone e di mille altre funzionalità a cui siamo talmente abituati che saremmo pronti a giurare siano sempre state presenti e ottime. Stessa cosa, siamo sicuri, sarà anche per visionOS.

Tutto questo ci fa pensare che, alla fine, l’Intelligenza Artificiale per Apple non sia uno strumento ma una risorsa dalla quale attingere per creare strumenti specifici o migliorare quelli esistenti. Una specie di colla da falegnami che consente di tenere assieme parti che altrimenti non sarebbero sicuramente connesse o altrettanto efficienti, in maniera molto semplice apparentemente ma molto complessa in realtà. Tuttavia, senza alcuna spettacolarizzazione.

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