Nessuno ci aveva fatto caso, durante la presentazione alla scorsa WWDC 24 di iOS 18 né al rilascio prima delle versioni beta per gli sviluppatori e poi per il pubblico generale, sino ad arrivare a quella finale per gli utenti. Ma iOS 18 introduce un piccolo grande cambiamento che adesso sta generando polemiche in rete: il controllo a grana fine della condivisione della rubrica.
Come spiega Apple sul suo sito, su iPhone è possibile infatti controllare i contatti a cui le app possono accedere. La prima volta di ogni app viene chiesto in modo esplicito, ma si può fare anche sulle app già installate nelle versioni precedenti di iOS.
Basta andare in Impostazioni > Privacy e sicurezza, e qui toccare Contatti, segliere l’app e scegliere il livello di accesso ai contatti concesso all’app (sotto “Accesso ai contatti”). Con “Accesso limitato”, si può fare “Modifica i contatti selezionati” per scegliere i singoli contatti, deselezionando quelli che si vuole evitare. Molto facile, ma c’è chi la trova una mossa “oscurantista”.
Un colpo al cuore del crescita dopata
Chi l’avrebbe mai detto? Dare agli utenti il controllo sui propri dati sembra essere un’idea rivoluzionaria nel 2024. Apple, con il suo iOS 18, ha osato l’inosabile: permettere alle persone di decidere quali contatti condividere con le app, anziché regalare l’intera rubrica degli indirizzi al miglior offerente.
Sembra una buona idea, no? E invece alcuni osservatori subito notano che questa mossa potrebbe “uccidere le app social”. Davvero? È una frase che ha senso logico oltre che etico? Proviamo a rispondere: se il loro modello di business si basa sul furto di dati, forse è il momento di ripensare alla loro strategia aziendale. No?
Ricordate i bei tempi andati quando le app potevano frugare liberamente tra i vostri contatti? Che nostalgia. Apple ha impiegato “solo” 17 anni per capire che forse (ma solo forse) non era una grande idea. Ora, con la stessa logica con cui possiamo scegliere quali foto condividere, possiamo decidere se ogni singola app di terze parti ha davvero bisogno di sapere il numero del nostro terapista. Che concetto rivoluzionario, vero? Eppure, questo approccio che dovrebbe essere normale è diventato uno scandalo.
Il lamento dei pirati della rubrica
Sentite i pianti? Sono le startup che si rendono conto che forse dovranno lavorare un po’ di più per costruire la loro rete sociale. Alcuni commentatori dicono che questa mossa “impedirà la crescita delle nuove piattaforme”.
Finora era stato il paese del Bengodi: l’app si avviava per la prima volta, chiedeva l’accesso ai contatti e via, tutto quanto caricato online sui server del Whatsapp o del Facebook di turno o di chissà cos’altro. Perché, ci chiediamo noi, la crescita dovrebbe basarsi sullo sfruttamento dei dati altrui? Forse è il momento di tornare a quell’antiquato concetto di “offrire un servizio utile” per attirare utenti.
Come ogni buona regolamentazione, anche questa viene accolta con strepiti e stridori di denti. È quasi commovente vedere come le aziende che hanno prosperato sull’accesso indiscriminato ai nostri dati ora gridino all’ingiustizia. Pensiamoci: se iOS avesse avuto questi controlli fin dall’inizio, qualcuno si sarebbe lamentato? Probabilmente no. Ma si sa, togliere un privilegio fa sempre più male che non averlo mai avuto.
Il grande complotto di Apple (secondo alcuni)
Perché c’è una accusa. Qual è? Facile: Apple favorisce le proprie app. Certo, perché sarebbe assurdo pensare che un telefono possa accedere alla propria rubrica per, non so, fare telefonate? E invece il cuore delle critiche alla decisione di far filtrare l’accesso da parte degli utenti presa da Apple è ritenuta ingiusta perché non viene fatta la stessa cosa con l’app di sistema che fa telefonare e con quella per mandare i messaggi.
Alcuni osservatori gridano all’anticompetitività. Ma forse, ci permettiamo di dire, c’è una neanche troppo sottile differenza tra un’app di messaggistica integrata nel sistema e l’ultimo social network che promette di rivoluzionare il modo in cui condividiamo foto di gatti. Come si mandano gli sms? Via WhatsApp o Telegram? E come si fa a telefonare? Con Skype? Sul serio?
L’ecosistema Apple: un club esclusivo (ma non troppo)
Apple ha sempre puntato sull’integrazione. Sorpresa? Non sembra proprio. Gli utenti scelgono l’ecosistema Apple proprio per questo motivo: tutto funziona insieme, come per magia. Ma attenzione: questo non significa che le app di terze parti siano escluse dalla festa. Anzi, le migliori riescono a integrarsi perfettamente, offrendo quel tocco in più che le rende indispensabili.
È necessario un passo in più, però. Non tecnologico, ma di attitudine. Ora gli sviluppatori si trovano di fronte a una scelta: innovare rispettando la privacy o piangere sulla tastiera? È il momento di dimostrare che si può creare valore senza saccheggiare le rubriche altrui. Chi sa, magari questa “tragica” svolta potrebbe portare a idee più creative e meno invasive. Chissà, potremmo persino vedere app che gli utenti vogliono usare, anziché quelle che li manipolano per fare in modo che le usino.
Un futuro più privato (si spera)
Alla fine, forse dovremmo ringraziare Apple per averci ricordato che la privacy non è un optional. Certo, ci sono voluti anni, ma meglio tardi che mai, no? E chissà, magari un giorno guarderemo indietro e ci chiederemo come abbiamo potuto vivere in un mondo dove regalavamo i nostri dati privati con tanta leggerezza. Nel frattempo, godiamoci questo piccolo passo verso un futuro digitale un po’ meno invadente.