La nuova Hasselblad X1D è arrivata a Milano. Una breve presa di contatto con la macchina e due obiettivi durante una dimostrazione organizzata dall’azienda svedese con la collaborazione con il distributore italiano Fowa, e un incontro con intervista al Ceo, l’olandese Perry Oosting.
Proprio il Ceo di Hasselblad, che in questi giorni si sta muovendo in tutto il mondo per presentare personalmente l’apparecchio ai giornalisti e ai principali dealer nazionali, ha voluto mostrare e spiegare nuovamente le caratteristiche di questo apparecchio medio formato digitale dal corpo ridotto per dimensioni e peso. Una “mirrorless compatta”, ci ha spiegato Oosting, già Ceo di Vertu e prima ancora dirigente di Bvlgari e di altre aziende del lusso oltre che amante dell’Italia (ha da anni una casa in Toscana). Una categoria di macchina fotografica sostanzialmente inedita per il mercato, che vede pochissimi apparecchi e dorsi digitali per queste dimensioni extra-large del sensore, tutti pensati per un impiego piuttosto stazionario, soprattutto in studio.
Invece, X1D è leggera, si impugna molto bene con un ottimo grip, ha comandi semplici e razionali con pochi pulsanti ben studiati e soprattutto sembra un apparecchio fatto per essere messo nello zainetto o nell’esclusiva borsa Billingham disegnata apposta dallo specialista britannico per la casa svedese e portata in viaggio.
«C’è un ragionamento da fare – dice Oosting – e cioè ripensare che cosa voleva fare Victor Hasselblad quando ha creato le sue prime macchine fotografiche. Oggi Victor avrebbe 110 anni e la sua azienda è nata 75 anni fa. Di esperienza nel settore della pellicola e poi del digitale ce n’è tantissima. Però la percezione di Hasselblad come un marchio solo destinato al settore professionale high-end è limitativa. Le macchine volute da Victor sono state pensate anche per l’hobbysta, l’appassionato di fotografia che non voleva compromessi per la qualità».
Hasselblad per decenni ha voluto dire fotografia di alta qualità usata da professonisti soprattutto nella ritrattistica, nel settore pubblicitario, nella fotografia industriale. Ma anche matrimoni e archiviazione documentale. Più difficilmente tempo libero, vacanze, arte, nonostante ad esempio miti della fotografia come Hansel Adams hanno alternato Hasselblad ai banchi ottici e al largo formato. La crisi economica, periodo di defaillance successivi all’avvento del digitale e soprattutto alla ristrutturazione del mercato (e un certo buon numero di errori di strategia) hanno portato Hasselblad sull’orlo del fallimento dopo aver cambiato proprietà più volte.
«Nel 2015 la situazione era disperata: rischiavamo di chiudere. Ho chiuso tutte le attività non essenziali e investito al massimo nella ricerca e sviluppo. In un anno abbiamo quadruplicato il numero di persone che lavorano per il settore r&d. Il risultato è che abbiamo portato avanti questo e altri progetti (che arriveranno nei prossimi mesi). Ma questa X1D è una macchina incredibile che mi pare stia già attirando molto l’attenzione», dice a Macity Oosting.
Hasselblad non svela quanti apparecchi sia necessario vendere in un anno perché si arrivi a coprire le spese e cominciare a guadagnare. Non molti rispetto ai volumi di aziende come Sony, Nikon e Canon, ma certamente tanti per la fascia di prezzo che avvicina il marchio di Göteborg alla casa di Wetzlar, cioè Leica. Circa 7900 euro di listino per il corpo macchina, tra i duemila e i tremila euro per le due ottiche attualmente realizzate (un 45mm e un 90mm che devono essere moltiplicati per 0,7 al fine di ottenere la focale equivalente al full frame: 31,5mm e 63mm; tutto viene fatto in Svezia a parte le ottiche che sono assemblate dal terzista giapponese d’eccellenza Nittoh) su un sensore imponente come caratteristiche e prestazioni.
È lo stesso sensore utilizzato nel dorso digitale della nuova H6D. Il sensore CMOS da 50MP con 14 stop di gamma dinamica è inserito come detto in un corpo di metallo leggero, da soli 725 grammi. Gli obiettivi per adesso sono due: la linea s chiama XCD ed hanno tutti otturatore centrale integrato. È disponibile però anche un anello adattatore per i 14 obiettivi del Sistema H. Il mirino ottico, fondamentale per un sistema mirrorless (che quindi non ha OVF) ha la risoluzione XGA da 2,36 megapixel e buona resa anche se non è velocissimo nell’aggiornamento nell’apparecchio di pre-produzione che abbiamo potuto vedere oggi qui a Milano.
C’è anche un ottimo display multitouch non orientabile da 3 pollici che permette, con una interfaccia semplice e chiara mutuata come logica dagli smartphone e non dalle cervellotiche macchine fotografiche digitali giapponesi, di settare tutti parametri. L’otturatore centrale sulle lenti va da 1/2000 di secondo a 60 minuti per le lunghe esposizioni, sincronizza il flash a qualsiasi velocità, e il sensore ha una sensibilità da 100 ISO fino a 25.600 ISO.
Completano la dotazione tecnologica due schede ultraveloci SD, il WiFi, Usb-C 3.1, mini-Hdmi, in-out per l’audio. L’ultima versione del software gratuito di Hasselblad, la 3.1 di Phocus, permette di editare i file raw altrimenti ci sono quelli Jpeg.
Abbiamo come detto maneggiato lungamente la macchina per questa prima prova di contatto ma il firmware in versione preliminare e la stessa scocca non definitiva (la produzione di apparecchi destinati alle demo nei negozi inizierà a fine luglio mentre quella degli apparecchi per la vendita a fine agosto) ci portano a non dare giudizi. Non sappiamo infatti se funzionalità, modalità di azione, tempi di risposta, lo stesso rumore dell’otturatore centrale delle due lenti (diverso come sonorità tra l’una e l’altra) siano effettivamente definitivi o se arriveranno cambiati sostanzialmente o solo in parte nelle mani degli utenti finali.
Una nota sulle lenti: gli obiettivi realizzati finora (un terzo è atteso per Photokina) sono particolarmente interessanti. Maneggevoli e non troppo pesanti, fuocheggiano automaicamente in maniera non troppo veloce: è la scelta (per adesso) di un sistema passivo di misurazione del contrasto che è per sua natura lento.
Comunque, niente in questa macchina è pensato per essere veloce. Spostare 50 megapixel di immagine richiede tempo (la “raffica” è da 1,7–2,3 fotogrammi al secondo a seconda della qualità dell’immagine registrata) e in una scheda SD da 16 GB ci vanno circa 240 immagini. Diciamo che il cliente ideale di questo prodotto non cerca la foto sportiva o di street ma una fotografia più meditata e rallentata: panorami, naturalistica, magari foto-safari, e ritratti ambientati.
Può essere pensato anche come secondo dorso per un fotografo che in studio già usa un sistema medio formato “bloccato” su cavalleto in pianta stabile, per brandeggiare e scattare a mano libera attorno ai soggetti. Infine, sicuramente una delle grandi aree di utilizzo professionale è quella dei matrimoni o della fotografia di scena per produzioni importanti che vogliano trovare qualità di immagine oltre che “istantanee”.
Macity più avanti proverà diffusamente questa macchina per raccontare ai suoi lettori quale possa essere l’emozione di scattare con Hasselblad nel XXI secolo. Intanto vale la pena tenere a mente questo marchio che ritorna dal passato e che, dal suo punto di vista di altissimo di gamma, fa uno sforzo per democratizzare e portare alla portata di molti il medio formato digitale con un prezzo molto più basso di quello dei sistemi più blasonati da studio.
Nessuno in Hasselblad ha voluto essere virgolettato dichiarandolo apertamente, però le voci raccolte dal cronista fanno inutire quanto sia forte l’ambizione di questa azienda che sta rinascendo in questi mesi: se il costo del sensore con risoluzione 8272 × 6200 pixel, pixel da 5,3 × 5,3 μm, e dimensioni fisiche 43,8 × 32,9 mm (quindi con formato 4:3) non fosse così elevato (si dice attorno ai 3mila euro) l’azienda avrebbe ben volentieri abbassato anche della metà il prezzo finale dell’apparecchio. Attualmente 5 o 10mila pezzi all’anno potrebbero essere quanto stimato dalla casa svedese per fare pari (ma anche qui, nessuna voce ufficiale), c’è da vedere se l’esplicita apertura al mercato amatoriale di fascia alta del brand tutto Made in Sweden riuscirà a fare la differenza. Leica ce l’ha fatta, ma per riuscire ha aperto negozi monomarca e realizzato numerose e costosissime serie limitate, oltre ad aver “usato” come testimonial alcuni tra i fotografi più bravi al mondo. Hasselblad, che in tempo di crisi ha budget per il marketing minimo, può far conto su una cosa sola: “La nostra serietà e la qualità dei nostri prodotti”, dice Oosting.