La fabbrica di Fremont (California) nella quale sono stati costruiti i Mac nei primi anni ’80 è troppo giovane perché sia classificata come luogo d’importanza storica e il consiglio comunale cittadino si limiterà per il momento a collocare una targa all’esterno dell’edificio. La decisione è nata in seguito alla richiesta di alcuni impiegati di non tenere conto del limite minimo di 50 anni richiesto dalle leggi federali per designare un luogo come d’interesse storico.
L’impianto in questione, tra i più all’avanguardia dell’epoca, fu costruito nel 1984 su un terreno di circa 8 ettari e permetteva di costruire un Mac ogni 27 secondi. Come riportato nella biografia su Jobs di Walter Isaacson, anche nella fabbrica in questione il defunto CEO di Apple tirò fuori la sua passione per l’estetica e la sua natura tendente al controllo prese il sopravvento. Voleva che le macchine utensili fossero dipinte a tinte brillanti, come il logo aziendale ma dedicò tanto tempo allo studio dei campioni di colore che il direttore della produzione di Apple, Matt Carter, decise alla fine di installarle nel loro colore standard: grigio e beige. Quando Jobs andò in visita allo stabilimento, ordinò che le scocche fossero ridipinte nei colori brillanti che aveva ordinato. Carter eccepì che si trattava di strumenti di precisione e che la verniciatura avrebbe potuto causare problemi, cosa che puntualmente si verificò. Una delle macchine era stata completamente ridipinta di azzurro, denominata “la follia di Steve” e fu la goccia che fece traboccare il vaso e spingere Carter a dare le dimissioni. “Serviva troppa energia per contestarlo e gli argomenti del contendere di solito erano così irrilevanti che alla fine ne ebbi abbastanza” ricorda l’ex direttore della produzione.
Al posto di Carter arrivò Debi Coleman, direttrice finanziaria della divisione Macintosh, donna ruvida ma d’indole buona: nonostante avesse saputo comportarsi con determinazione con i capricci di Steve, finì per capitolare accettando muri bianchissimi, macchine blu, gialle e rosse: “Sembrava una mostra di Alexander Calder” ricorda la Coleman.
Isaacson chiese al CEO di Apple il perché di queste ossessive attenzioni all’aspetto della fabbrica e Jobs disse che era un modo per assicurarsi che quelli che ci lavoravano si appassionassero alla perfezione. “Ero stato influenzato da quello che avevo visto in Giappone” disse Jobs, Parte di ciò che ammiro in quel paese – e parte di ciò che manca alle nostra fabbriche – è il senso del lavoro di gruppo e disciplina. Se non avessimo avuto abbastanza disciplina da mantenere il luogo immacolato, non avremmo avuto la disciplina per far funzionare al meglio quelle macchine”.
A proposito della fabbrica di Fremont, è noto un aneddoto che riguarda Danielle Mitterrand, moglie dell’allora presidente della Repubblica francese. Condotta a visitare la fabbrica in questione mentre il marito era in visita nello Stato, la signora Mitterand fece un sacco di domande sulle condizioni di lavoro, mentre Jobs continuava a spiegarle la robotica avanzata e le tecnologie utilizzate. Jobs illustrava la produzione just-in-time e lei domandava della remunerazione del lavoro straordinario.
Probabilmente irritato dallo scarso interesse dell’interlocutrice per gli argomenti tecnici, Jobs si mise a descrivere come l’automazione contribuisse a mantenere basso il costo del lavoro, argomento che sapeva l’avrebbe colpita; ma la Mitterrand, inflessibile, continuava a chiedere cose del tipo: “È un lavoro duro?”, “Quante ferie hanno?”. Jobs non riuscì a contenersi e al traduttore che la accompagnava, disse: “Se è così preoccupata del benessere degli operai, le dica che può provare a venire a lavorare qui in qualunque momento. Pare che l’interprete impallidì e non riferì nulla. Alain Rossman (membro del team Mac e marito della traduttrice) un attimo dopo, intervenne e disse, in francese, “Il signor Jobs la ringrazia per la visita e per l’interesse che ha mostrato per la fabbrica”, lasciando probabilmente di stucco la Mitterrand.
[A cura di Mauro Notarianni]