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La Dream Library giapponese: il museo di informatica dei sogni

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In Italia abbiamo musei dedicati alla scienza e alla tecnologia. Abbiamo cataloghi e collezioni. Abbiamo musei privati pensati per raccogliere i memorabilia di intere generazioni di apparecchi (ci viene in mente il museo All About Apple di Savona e il Mec di Palermo). Ma non abbiamo uno strumento sufficientemente ambizioso e potente come quello messi in piedi da appassionati in Giappone. Non possiamo andare (per adesso) a visitarlo di persona, ma niente ci può impedire di visitarlo virtualmente.

Dream Library

Cominciamo dalla libreria dei sogni, pensata per far arrivare al futuro cento anni di riviste tecniche. «Le riviste – scrive il fondatore del museo, Takeshi Yoshizaki – sono capsule del tempo che trasmettono l’era dal vivo. La “Dream Library” ha 20.000 riviste tecniche di valore per 100 anni di storia».

Il lavoro è stato fatto con uno scopo: far rivivere le passioni e sogni di tre generazioni e passare la palla alla prossima generazione, quella che sta nascendo adesso e che le riviste non le ha mai viste. «È una “libreria dei sogni” – dice Takeshi Yoshizaki – dove puoi incontrare la rivista tecnica che sognavi da bambino. Nella “Dream Library” puoi incontrare la rivista che leggeva tuo padre e la rivista che leggeva tuo nonno. La “Dream Library” permette di fare un viaggio nel tempo leggendo riviste di un’epoca conosciuta solo nella storia».

La Dream Library giapponese

L’ambiente

Anche se si chiama “biblioteca”, la Dream Library è in realtà pensata per il pubblico: è un “caffè del libro” dove si può entrare, rilassarsi e leggere le proprie riviste preferite disponibili a catalogo per la consultazione. La “Dream Library” può essere visitata sia come biblioteca online che, quando il covid lo permetterà, come biblioteca reale a Higashioume, Ome City.

Se ci si trova in Giappone, a Tokyo, il viaggio per arrivarci è semplice, in realtà. La “Dream Library” si è trasferita dalla città di Hachioji a Higashioume, alla città di Ome nel settembre 2017. La sede è stata spostata a 3 minuti a piedi dalla stazione Higashi-Ome sulla linea JR Ome, rendendo più facile l’accesso e ampliando lo spazio di lettura. Ome si trova nelle vicinanze di Tokyo, collegata direttamente dalla linea ferroviaria JR (Japan Railways) East, che è il mezzo di spostamento preferito per tutti i giapponesi e che i turisti scoprono presto essere necessaria per visitare il Paese, sia in città, dove le linee soprelevate attraversano tutta Tokyo, sia nel resto del Giappone.

È inoltre possibile visitare, assieme alla biblioteca-caffé, anche il “Museo del microcomputer” e il “Museo del modello e della radio”, che si trovano uno accanto all’altro con lo stesso biglietto di un giorno, senza costi aggiuntivi.

La Dream Library giapponese

Museo del microcomputer

Qui entriamo in un abito più noto, perché un po’ in tutto il mondo, e l’Italia come dicevamo non fa eccezione, si sta diffondendo un’idea di museo diffuso dell’informatica. Un’idea di museo che si basa sulla capacità di raccogliere soprattutto personal computer, conservati in molte case fin dagli anni Settanta, e raccoglierli in ambienti che valgono come sorta di esposizione permanente di strumenti memorabili. Dal Computer History Museum della Silicon Valley al Museo del calcolo dell’università di Pisa, passando per il Museo della Scienza e della tecnologia, l’informatica che ha accompagnato la generazione degli “Eterni fanciulli”, cioè dei cinquantenni di oggi, è diventata un luogo della memoria, un posto da visitare, un momento da ricordare.

Il museo del microcomputer giapponese non fa eccezione. Accanto alle 20mila riviste ci sono alcune centinaia di vecchi PC, ordinati e coperti come si diceva una volta. Su scaffalature di metallo si possono vedere i Macintosh storici ma anche Apple II, Altair, microcomputer di case giapponesi, europee e americane, addirittura computer della NeXT e sinceramente molto più di quanto siamo stati in grado di riconoscere guardando le fotografie.

La Dream Library giapponese

L’importanza dei musei per i bambini

A differenza dei musei istituzionali, che sono spesso schiacciati da un approccio pedagogico polveroso e orientato alle discipline classiche (fisica, chimica) e pochissimo e malamente all’informatica, i musei degli appassionati come questo possono riservare delle grandi sorprese. Giochi, possibilità di maneggiare apparecchi dell’epoca, interazione diretta con fette di passato rappresentate in carne e bit dai vecchi computer ancora funzionanti. C’è da dire che l’importanza dell’incontro con uno stimolo forte e chiaro, avvincente ed eccitante, produce nella mente di un bambino una rivoluzione che può tradursi nell’amore fedele e senza confini per una scienza, una disciplina, un genere. Dalla musica allo sport, dalle attività ricreative allo studio di una scienza piuttosto che una letteratura, l’amore dei bambini è segnato da una passione completa, senza limiti, caratterizzata anche da una fedeltà che spesso li accompagnerà per tutta la vita. Se guardare persone che lavorano in ambiti diversi ma fortemente vocazionali è probabile che dietro i visi seriosi delle persone di mezza età si nasconda ancora la scintilla del bambino che furono e che si innamorò perdutamente di quel che ancora fanno e sono.

Un incontro magico

Ecco perché poter incontrare l’informatica, il computer, la macchina e il pensiero logico che c’è dietro, anziché allontanare avvicina. Cuccioli di tigre e di cane, di gatto e di topo, vivono insieme felici e senza pregiudizi se si incontrano appena nati. Le differenze arrivano dall’appartenenza a tribù diverse, e dall’ignoranza e dalla paura. La “fredda e incomprensibile mente” della macchina che temiamo ci domini per un bambino è uno straordinario compagno di giochi, offre una grande opportunità di imparare ed è la base per molte conquiste e amori futuri.

Questo per dire che il museo dei computer e la collezione di riviste della lontana Tokyo sono una lezione su quello che potremmo e dovremmo essere anche noi, qui in Italia, in maniera più sistematica e organizzata. Un momento di incontro tra padri e madri, figli e figlie, e la nostra storia. Che sta andando ancora avanti.

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