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La diversità Made in Cupertino alla WWDC15

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Una Apple sempre più “diversa”: su Internet durante la cronaca del keynote della WWDC15 e più tardi sui siti di informazione soprattutto americana si sono viste emergere voci che facevano attenzione soprattutto al tema della diversità. Donne sul palco, soprattutto. Non è la prima volta (nel 1997 ad esempio la prima fu l’allora CTO di Apple, Ellen Hancock) ma il passaggio di Jennifer Bailey e di Susan Prescott dice tanto a molti.

Nella Silicon Valley la diversità di genere o di razza è molto “compressa”: Apple ad esempio ha fra i suoi dipendenti un 11% di ispanici, 7% di neri e 30% di donne. Poco, pochissimo rispetto alla mentalità statunitense che fa dell’inclusione e delle azioni positive tramite quote, una delle chiavi per la realizzazione di una società più equa in cui tutti, a prescindere dall’origine, possono avere successo sulla base delle loro capacità. Avere aziende tutte fatte di uomini bianchi di origine europea limita la possibilità di successo delle persone che vengono da altri gruppi etnici o appartengono all’altro genere.

L’idea di una Apple più diversa al suo interno è spinta sia dalle discriminazioni che Tim Cook ha più volte sottolineato di non voler tollerare (anche personalmente per le sue scelte di vita) ma nonostante questo la Silicon Valley mantiene una forte omogeneità culturale: pochissimi neri, poche donne, pochi ispanici, poca rappresentanza di culture e fasce sociali “protette”. Questo si legge in filigrana nel Keynote WWDC15: una tappa importante di un percorso inclusivo in cui Tim Cook cerca di portare dentro la più grande azienda al mondo per capitalizzazione di mercato molto, moltissimo: come l’attenzione per le disabilità e l’importanza del lavoro che gli sviluppatori fanno per abilitare con le app possibilità di vita “normale” a persone prima escluse; oppure come l’attenzione a grandi temi come quello della ricerca medica, della privacy, dell’ambiente. Temi ai quali Steve Jobs prestava attenzione ma in maniera più privata e limitata, e che Tim Cook invece ha deciso di trasformare in pilastri portanti per un’azienda che cerca di distinguersi su base anche ideale ed etica, oltre che sulla qualità dei suoi prodotti e servizi.

Apple è un colosso, burocratico e sempre più complesso da gestire, legato a una logica del profitto ma tutto sommato “protetto” nei suoi valori più intimi e preziosi da una leadership che, a quattro anni dalla scomparsa di Steve Jobs, appare sempre più chiaramente scelta con grande lungimiranza.
wwdc15 potere alle app 620

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