La Corte Suprema statunitense ha approvato cambiamenti alla Regola 41 (Rule 41 of the Federal Rules of Criminal Procedure) che consentiranno all’FBI con un solo mandato di indagare anche su utenti che utilizzano tecniche per navigare in modo anonimo in rete.
In precedenza, le norme federali che riguardano i procedimenti penali, impedivano ai giudici magistrati di approvare una richiesta di mandato per indagare su un computer in remoto se l’investigatore non conosceva esattamente il luogo dove si trovava il computer (o altro dispositivo oggetto d’indagine) giacché questo avrebbe potuto trovarsi fuori dalla sua giurisdizione. Le modifiche normative ora consentono al giudici di emettere un mandato o confiscare un dispositivo elettronico, anche se l’obiettivo sfrutta un software per l’anonimato come Tor.
In ambito federale il provvedimento è presentato come utile a incrementare la lotta contro il cybercrimine: tra i tanti a opporsi al provvedimento c’è anche Edward Snowden. L’ex tecnico della CIA, noto per aver rivelato pubblicamente dettagli di diversi programmi di sorveglianza di massa del governo statunitense e britannico, ha parlato di provvedimento “incredibile” ipotizzando che dietro la scelta c’è la longa manus dell’FBI.
È già ad ogni modo cominciata la battaglia per fermare il provvedimento. Ron Wyden, senatore dell’Oregon non nuovo nell’affrontare queste problematiche, ha spiegato che con le norme proposte “Il governo potrebbe ora ottenere un unico mandato per accedere ed eseguire ricerche su migliaia o milioni di computer in una sola volta”; evidenziando ancora che “la stragrande maggioranza dei computer interessati apparterrebbe alle vittime, non agli autori, di un crimine informatico”. Anche Ahmed Ghappour, docente dell’Università della California ha espresso perplessità, descrivendo il provvedimento come “il più ampio potere di sorveglianza extraterritoriale mai concepito dall’FBI”.