Il governo cinese ha preso di mira il produttore di memorie Micron, sottoposto a “revisione di cybersicurezza” da parte delle autorità di Pechino, ultima mossa nelle dispute commerciali che da tempo vedono contrapposte Cina e USA. La decisione di Pechino arriva dopo che l’azienda statunitense ha chiuso le operazioni di progettazione Dram a Shanghai.
La lacerazione dei rapporti tra Cina e Occidente nei semiconduttori sta portando a discontinuità nelle catene di fornitura, con conseguenze in settori come l’AI e il cloud, mettendo in mezzo anche la produzione di auto e altri settori che hanno bisogno di chip e memorie.
L’Amministrazione cinese per il cyberspazio (Cac) ha riferito di avere avviato una indagine sui prodotti di Micron destinati al mercato nazionale “per salvaguardare la sicurezza delle filiere relative alle infrastrutture informatiche chiave” e “prevenire rischi per la sicurezza”.
La mossa dei cinesi sembra più una risposta a misure delle amministrazioni Trump e Biden, che hanno portato al blocco di hardware cinese nelle reti di telefonia USA e altre restrizioni all’approvvigionamento di microchip da parte di Washington e suoi alleati.
A ottobre dello scorso anno, l’amministrazione Biden ha predisposto nuovi controlli sulle esportazioni, bloccando la vendita di semiconduttori avanzati e altre apparecchiature dedicate a produttori cinesi, a meno che questi non ricevano uno specifico permesso. A metà dicembre dello scorso anno, le limitazioni sono state ulteriormente allargate, negando ai cinesi accesso a tecnologie avanzate per la modernizzazione tecnico-militare.
Oltre alla tensione Cina-USA, sale anche la tensione con Cina-Giappone: Pechino ha avvisato il Paese del Sol Levante che risponderà “con risolutezza”, se quest’ultimo danneggerà gli interessi della Cina dopo la decisione di imitare le esportazioni di 23 tipi di attrezzature per la produzione di semi-conduttori, allineandosi con la posizione degli Stati Uniti. Il portavoce del ministero degli Esteri cinesi, Mao Ning, ha auspicato che “il Giappone preda decisioni prudenti e non aggiunga fattori di complicazione alla fiducia reciproca tra Cina e Giappone e al rapporto tra i due Paesi”, evidenziando ad ogni modo che “la Cina non starà a guardare”, rispondendo eventualmente “con risolutezza”.
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