In un lungo articolo su Bloomberg Scott Turow, presidente dalla Authors Guild (di fatto una sorta di sindacato degli autori) ha espresso il suo sostegno ad Apple nello scontro che la vede opposta ad Amazon, ufficialmente in corso presso il Dipartimento di Giustizia americano per sospetto comportamento anti-competitivo.
In breve, l’accusa imputa ad Apple e agli editori Hachette Livre, Harper Collins, Simon & Schuster, Penguin e Verlagsgruppe Georg von Holzbrinck di aver utilizzato il modello agenzia scorrettamente per ridurre il mercato di Amazon e ritagliarsi una posizione di privilegio. Secondo Turow invece tale considerazione sarebbe un errore: l’arrivo di Apple sul mercato avrebbe creato maggiore competizione digitale in un mercato dominato da Amazon: la società di Bezos sarebbe passata dal 90% del controllo del mercato al 60%.
Le motivazioni di Turow definiscono Amazon come il “Darth Vader” della vendita dei libri, che con la sua politica di sconti insostenibili per la concorrenza avrebbe contribuito principalmente alla crisi del mercato dei libri cartacei e degli editori indipendenti, costretti a confrontarsi con dei prezzi fuori dalla loro portata o, in alcuni casi, minacciati da Amazon di essere esclusi in caso non accettassero le condizioni da essa dettate.
In questo scenario giunge poi Steve Jobs, definito “Cavaliere Bianco”, che grazie al suo modello di agenzia riesce a ridurre il controllo di Amazon sulle case editrici, conferendo loro il giusto potere decisionale – almeno secondo Turow – e riequilibrando l’offerta di mercato, favorendo così anche la sopravvivenza dei negozi fisici.
Nonostante il punto di vista di Turow – che resta pur sempre quello di un autore – sia comprensibile tanto quanto l’evidente potere di mercato che Amazon ha sempre avuto sugli editori, è innegabile che il modello agenzia di Apple abbia rappresentato più un vantaggio per gli editori e gli autori, piuttosto che per i clienti. L’utente finale infatti ha visto un generico aumento dei costi dei testi digitali, che prima venivano spesso offerti da Amazon a prezzi nettamente inferiori, aspetto che ovviamente non faceva gli interessi degli editori ma di certo quello dei clienti.
In questo senso le strategie delle due aziende sembrano divergere notevolmente: Amazon ha sempre tentato di ridurre il più possibile i passaggi commerciali intermedi fra l’autore e l’acquirente, mirando ad un rapporto diretto fra il cliente e suo autore preferito mediato solo da Amazon. Apple invece sembra remare contro, proponendo un modello in cui sono gli editori a decidere e a giocare il ruolo fondamentale.
Sarà comunque il dipartimento di giustizia a decidere in merito sulla querelle che coinvolge le aziende, che ricordiamo, è sotto esame in USA ma anche in Europa.