«Repeat after me: “The sky is not falling. The sky is not falling». Chi vuole convincersi che non è tutto finito, è Ken Segall, storico collaboratore di Apple in TBWAChiatDay, l’agenzia pubblicitaria che ha inventato i migliori spot Apple di tutti i tempi; quel che lancia foschi presagi sul futuro sono, invece, le nuove pubblicità di Apple dedicate alla figura del “Genius”, mandate in onda in occasione dei giochi olimpici.
Gli annunci pubblicitari (che mostrano un addetto al genius bar di un negozio Apple alle prese con utenti imbranati con pretese che a prima vista paiono assurde, come completare un film iMovie prima dell’atterraggio di un aereo, la spedizione di cartoline di auguri durante un parto o la trasformazione di un PC in un Mac) vengono stroncati senza pietà da Segall che li bolla come recitati da personaggi caricaturali e privi di identità, girati come se fossero delle sit com.
Nel suo blog personale l’ex manager dell’agenzia pubblicitaria preferita da Apple smonta pezzo per pezzo gli spot. Secondo Segall ha poco senso sostenere che si tratti di una campagna dedicata ai nuovi clienti; un messaggio promozionale deve essere indirizzato ad ogni fascia di pubblico, giocando sulla trasversalità del messaggio e conquistando ogni tipologia di clientela. Così succedeva con efficacia per la mitica campagna Get A Mac, che incuriosiva chi si avvicinava ai Mac dal PC, tipologia di clienti cui era interessata, ma entusiasmava anche i clienti di vecchia data e in generale gli appassionati di tecnologia.
Nel caso della nuova serie di spot, l’idea di partenza, puntare cioè sulla figura del “Genius”, che dovrebbe aiutare chi si avvicina ai Mac, è buona ma mal eseguita: il personaggio del Genius segue uno stereotipo privo di spessore, mentre i clienti Mac sembrano eccessivamente imbranati e ignoranti. Inoltre aspetti di questo tipo contraddicono – secondo Sagall – l’immagine di semplicità che tradizionalmente è sempre stata abbinata ai Mac.Mentre un tempo il Mac veniva presentato come un prodotto accessibile a tutti, compresi i novizi privi di conoscenza pregressa ma capaci autonomamente di cavarsela, ora sembra invece necessaria la figura di un “Genius” che accompagni i “newbie”. «Dove è finita la semplicità in tutto ciò?», dice Seagall.
Infine Segal si chiede retoricamente se Steve Jobs avrebbe approvato una campagna pubblicitaria così lontana dal suscitare gli storici apprezzamenti di solito riservati dai fan. La risposta è altrettanto retorica; anche se Sagall si rifiuta di fornire un giudizio esplicito sulla questione, crede che il passo falso comunicativo di Apple possa gettare benzina sul fuoco di chi è convinto che dopo la morte di Jobs, Apple possa iniziare a mostrare segni di cedimento.
In realtà secondo Sagall tutti possono sbagliare e lo stesso Jobs era ben lungi dall’essere infallibile; «Apple – dice Sagall – è sempre stata molto brava a riparare i propri errori e in questo caso l’errore cui riparare è uno di quelli che richiede un’abilità fuori dalla norma»
Fonte: Ken Sagall’s Observatory