L’editoria digitale è un mondo complesso e a tratti affascinante. Con la nascita dell’iPad molti sono stati i tentativi di esplorare un filone di successo, spesso senza riuscirci: la discussione sul futuro possibile di questo settore è oggi sulla bocca di molti esperti, e si percepisce anche una vena di pessimismo. Sembra quasi che la “magia” del tocco di Apple – dopo essere riuscita a trasformare l’industria della musica con iPad, della telefonia cellulare (ma anche della fotografia, del video e di mille altri settori) con iPhone – non sia sufficiente a salvare l’editoria e in particolare il mondo delle riviste.
Parte di questo insuccesso, però, è dato dalla difficoltà di creare innovazione, di esplorare nuovi modi di interpretare le riviste nell’era digitale: questo, sin dal 2011, è il tentativo di JPM, una rivista nata per iPad e sviluppata dal team di Jumper e rivolta ai creativi, come fotografi, videomaker, illustratori, grafici e chi lavora nel mondo dell’editoria e cerca stimoli per comprendere e sviluppare un business di editoria digitale (grandi editori o chiunque veda una potenzialità nel self publishing di contenuti).
Partendo da argomenti e approfondimenti legati al mondo della creatività (fotografia, illustrazione, grafica, design), JPM ha lavorato, numero dopo numero, per trovare alternative, basate su nuovi modi di interpretare il “tema rivista digitale”, partendo da un nuovo approccio alla “pagina”, fino alla fruizione dei contenuti sui due orientamenti dell’iPad (orizzontale e verticale) e ad un uso delle animazioni fatto non per stupire o per creare “effetti speciali”, bensì per aggiungere valore e contenuto, creando un linguaggio. E’ un esperimento continuo, un laboratorio editoriale che non si ferma mai.
Il nuovo numero, il settimo in tre anni, nasce con uno spirito fresco e giovane, come i 18 ragazzi che sono stati chiamati in questo “laboratorio” per poter realizzare un progetto davvero unico. Sono studenti di corsi universitari di grafica, che dopo avere approfondito le basi dell’editoria digitale proprio con chi ha creato JPM, hanno messo a disposizione la propria creatività per sviluppare il lato “visual” del numero. Il risultato è difficile da raccontare (il video trailer, qui sotto, però aiuta a sbirciare in questo mondo, anche se l’interazione touch è parte integrante di tutta l’interfaccia della rivista), e stupisce poi anche l’elevata leggibilità del testo, apprezzabile specialmente perché gli articoli sono spesso molto lunghi e approfonditi, quasi dei trattati su argomenti in cui il futuro della comunicazione è protagonista.
Questo numero, disponibile su Appstore a questo link, sviscera in modo originale e con forte personalità editoriale, argomenti su:
1) La rivoluzione della tecnologia indossabile, puntando sul lato fashion e sull’usabilità, passando per il DIY.
2) Il futuro delle riviste di food: con interviste ai protagonisti che hanno creato, nel mondo, le più belle riviste (cartacee) dedicate al food… vere meraviglie e una fonte di grande ispirazione.
3) Il futuro dei libri: percorsi molto affascinanti e stimolanti, che partono dalla nuova interpretazione dei Codex (i “rotoloni” che contenevano i testi) fino alla creazione di copertine che possano funzionare “sulla carta” e su uno store digitale.
4) Il futuro delle riviste digitali (Magazine/APP) per capire cosa conviene fare per avere successo laddove i grandi editori stanno fallendo.
5) Il futuro dei musei e della presentazione di opere in modalità digitale e interattiva, con esempi che abbiamo elaborato alla mostra di Botero a Parma.
JPM7 uscirà a breve anche in una versione definita “Pocket” per iPhone e per smartphone Android.
Nel frattempo, la versione di JPM7, nata e sviluppata da una realtà editoriale molto piccola, è riuscita a scalare la classifica di iTunes, arrivando al primo posto nella categoria News delle App a pagamento per iPad, e al sesto posto in quella generale. A dimostrazione che qualcosa si sta muovendo, che si può guardare al futuro con ottimismo, o quantomeno con una visione concreta. Il presente dell’editoria digitale forse è ancora acerbo, ma il futuro promette bene.