Jonathan Ive è una persona controversa, un uomo non accettato da tutti, e segnato da un grande ego. Ecco come Yukari Kane descrive il capo del design di Apple, la figura che con Jobs ha segnato la storia recente di Cupertino e che oggi più di ieri ne rappresenta il volto e l’identità.
Di Ive e di com’è descritto da Kane, parla Business Insider in un articolo/intervista alla giornalista il cui volume continua a far discutere e a suscitare commenti (per lo più negativi) da parte di critici, esperti di tecnologia e manager di Apple stessa.
“Sicuramente è il più brillante designer del nostro tempo” dice l’ex redattrice del Wall Street Journal, ma il suo ego si fa sentire prepotentemente. È noto il suo astio nei confronti di Scott Forstall, ex lead designer di iPhone (cacciato poi da Apple) con il quale (si dice) non andava per niente d’accordo e con il quale non si sarebbe mai incontrato nei meeting interni durante la preparazione di nuovi prodotti. L’astio tra i due convinse Cook a mandare via Forstall, ma quest’ultimo non è stato l’unico ad avere battibecchi con Ive; anche Jon Rubinstein, ex manager a capo della divisione engineering in Apple, aveva avuto quando era ancora in Apple discussioni con Ive e all’epoca fu Jobs a scegliere chi trattenere (Rubinstein se ne andò a guidare Palm); altre discussioni non mancarono all’epoca con Tony Fadell (il “papà dell’iPod” che se ne andò per fondare Nest), almeno stando a quanto riporta una biografia dedicata a Ive.
È ovvio che differenti filosofie e tensioni siano normali in tutte le aziende di grandi dimensioni (forse non sarebbe normale il contrario), costantemente sotto osservazione da parte di pubblico e analisti, costantemente impegnate in nuove sfide e alla ricerca di novità, migliori di prima, che dovrebbero ogni volta stupire. Prendiamo Ive e Rubinstein: il primo è un designer, il secondo un ingegnere specializzato in hardware; la convivenza tra due menti del genere è in molti casi quasi impossibile: per il primo non è facile supportare continui cambiamenti, il secondo ha una visione fatta di piccoli passi, di logica, di compromessi necessari per portare sul mercato un prodotto. Nell’ambito dell’organizzazione aziendale, queste figure tendono a scavalcare i confini dei rispettivi ambiti: produzione/gestione da una parte, rappresentazione e fruizione dall’altra.
Secondo Kane anche all’interno del team guidato dallo stesso Ive non sarebbero mancati momenti di tensione: “Il team industrial design è una famiglia incasinata e a volte poco felice”. Ive tende ad arrabbiarsi per troppo credito dato a Jobs e in Apple vi sono persone che si arrabbiano per troppo credito dato a Ive”. Anche amici di Ive ai quali sarebbero state chieste opinioni, ne parlano come di una persona troppo piena di sé e il successo ottenuto avrebbe ampliato il suo ego.
Tutto ciò non è nulla di devastante e, come già detto, è assolutamente normale. Sarebbe strano se simili storie non si sentissero. Non arriveresti a essere nominato quasi CEO in una società come Apple – che ribolle di forti personalità – senza causare tensioni: è così che funziona il business; l’arte di far coesistere il lavoro d’ingegneri e designer, migliora le potenzialità dell’azienda, mettendo in gioco le rispettive professionalità, con benefici che sono sotto gli occhi di tutti.
Secondo Kane, Nel mondo ideale di Ive, gli ingegneri avrebbero un ruolo di secondo piano e non detterebbero regole. “È un personaggio meravigliosamente complesso”, con un carattere diverso da quello “incontaminato” con il quale spesso è tratteggiato, scrive ancora; “non ha un pensiero unidimensionale”; “ha passione nel design ed è desideroso di esaltare se stesso e il suo team sopra qualsiasi altra cosa”.