Il film biografico di Aaron Sorkin sulla vita del defunto co-fondatore di Apple, racconterà la verità sul suo rapporto tra Jobs e Sculley. Almeno questo è quel che lo stesso Sculley, da qualche giorno in modalità “fase promozionale” per pubblicizzare gli smartphone Android presentati dalla società da lui co-fondata, spiega a The Telegraph.
Steve Jobs è stato uno dei più apprezzati leader di azienda di questo secolo e qualsiasi cosa Apple ha fatto dopo la sua morte o farà in futuro, non manca mai qualcuno che prova a immaginare “cosa avrebbe fatto Jobs”. Tim Cook guida brillantemente Cupertino da ormai quattro anni ma ancora oggi, a quanto pare, non ha osato toccare l’ufficio che era di Steve. Del tutto diverso è il ricordo e l’impressione che ha lasciato l’ex CEO John Sculley: il mite newyorkese è stato amministratore delegato di Apple per un decennio, dal 1983 al 1993, un’era caratterizzata da una sua visione per qualcuno confusa che pretendeva di suddividere il mercato in tanti sottomercati, e per questi tanti segmenti da coprire ognuno con un modello diverso. Questo portò ad una frammentazione estrema dell’offerta, con un’esplosione di prodotti che persino i rivenditori faticavano a comprendere e posizionare. Ma prodotti a parte, da tutti unanimemente Sculley è ricordato per aver fatto allontanare Jobs da Apple, costringendolo a dimettersi e chiamando in sua sostituzione prima Michael “diesel” Spindler, e poi Gilbert Amelio cui poi toccò richiamare Jobs come consulente.
Sculley proveniva da un’esperienza in Pepsi-Cola, non aveva nessuna esperienza con l’informatica e aveva una visione del tutto diversa di quella di Jobs. Nella sua autobiografia “Odyssey”, uscita nel 1987, Sculley così ricorda il co-fondatore della Mela: «Per lui (Jobs, ndr) Apple avrebbe dovuto diventare una meravigliosa società di prodotti di largo consumo. Un progetto lunatico. L’high-tech non può essere progettata e venduta come un prodotto di consumo», una previsione che al momento attuale appare essere stata clamorsamente sbagliata.
A The Telegraph Sculley ricorda gli inizialmente buoni rapporti con Jobs. Quando fu chiamato in Apple, per conoscersi meglio i due passarono con le rispettive famiglie vari weekend insieme. Sculley ricorda di aver portato Steve al Metropolitan Museum of Art e che rimase “assolutamente affascinato” dalla mostra con le sculture di Prassitele, kylix e anfore di Eraclea. Jobs portò Sculley da Tower Records per fargli conoscere la sua musica preferita, inclusa quella folk di Windham Hill e della sua ex fidanzata Joan Baez.
“Condividevamo le cose che ci piacevano e cominciammo a costruire un’amicizia, non si trattava solo di qualcuno dell’America capitalista catapultato nella Silicon Valley”, era una relazione multi-dimensionale”. Le cose andarono bene fino a quanto Jobs non decise di abbassare il prezzo del Macintosh e spostò una grande porzione del budget destinato al marketing dell’Apple II al Mac. Sculley ricorda che all’epoca gli unici soldi che arrivavano in azienda erano quelli dei profitti dell’Apple II e non poteva permettere cambiamenti. Il rapporto di lavorò cominciò a incrinarsi trasformandosi in una lotta per il potere. Jobs, senza successo, cercò di guidare la ribellione interna contro Sculley, con l’obiettivo di rimpiazzarlo con Jean-Louis Gassée, l’allora direttore responsabile delle operazioni europee. Gassée informò Sculley, e a un certo punto in una riunione della commissione esecutiva il co-fondatore di Apple chiese di scegliere tra lui e Sculley.
Jobs fu fatto fuori (e al suo posto, ironia della sorte, fu messo Gassée) e rassegnò le dimissioni nel settembre del 1985. Ricordando anni dopo quegli eventi, ne parlò di come un’esperienza “devastante”: “Il nostro Consiglio di Amministrazione si schierò con lui. Così a trent’anni ero a spasso. E in maniera plateale. Ciò che aveva focalizzato nella mia intera vita adulta non c’era più, e tutto questo fu devastante. Non avevo la benché minima idea di cosa avrei fatto, per qualche mese. Sentivo di aver tradito la precedente generazione di imprenditori, che avevo lasciato cadere il testimone che mi era stato passato”.
Nel celebre discorso tenuto nel 2005 alla Stanford University in 2005, Jobs ricordò ad ogni modo come il licenziamento dalla Apple fu la cosa migliore che gli sarebbe potuta capitare: “La pesantezza del successo fu sostituita dalla soavità di essere di nuovo un iniziatore, mi rese libero di entrare in uno dei periodi più creativi della mia vita”. Dal giorno in cui fu allontanato dalla Apple, Jobs non volle mai più avere rapporti con Sculley. Quest’ultimo, da parte sua, consapevole di aver commesso probabilmente il più grande errore della sua vita, ha più volte spiegato di avere ammirato l’uomo e continua anche ora a parlarne nostalgicamente usando termini quali “brillante” e “molto talentuoso”.
Sculley ha continuato a essere amico dell’altro co-fondatore di Apple, Steve Wozniak, e anche le loro mogli, Diane e Janet, a quanto pare sono amiche. Sia Woz, sia Sculley si apprende che hanno passato del tempo con lo sceneggiatore Aaron Sorkin e il regista Danny Boyle prima del film biografico su Jobs basato sul libro di Walter Isaacson. Sullo schermo il ruolo di Sculley è recitato da Jeff Daniels; quest’ultimo chiede: “Vuoi farmi fuori, vero? Sei ridicolo!” e Jobs-Fassbender che risponde: “Starò in tribuna a vedere te che ti fai fuori da solo”.
“Steve ed io avevamo un bellissimo rapporto e penso che quando il film uscirà la gente avrà un’immagine più accurata di come andarono le cose a quei tempi in Apple” spiega Sculley. “Un film precedente (quello con Ashton Kutcher, ndr), è stato atroce, facendo arrabbiare Woz per quanto fosse inaccurato e incredibilmente noioso. È stato terribile”.
Alla richiesta se si prova frustrazione per come Jobs è rappresentato o travisato nella cultura popolare, Sculley, spiega che a suo dire la gente tende a concentrarsi troppo su alcuni aspetti “tirannici” della sua personalità. “Non penso sia giusto”, “la gente esagera, è semplice sintetizzare ed esagerare”. Lo Steve che un tempo era suo amico, a detta di Sculley ha dimostrato compassione e sapeva essere premuroso con le persone. “Non significa che non sapeva essere forte nei meeting e nel prendere decisioni a volte sembrava eccessivamente duro ma lo Steve che ho conosciuto era un’ottima e onesta persona e ritengo che dunque sia rappresentato in modo distorto nella cultura popolare”.
Sculley continua a lodare Jobs e lo definisce “il più grande CEO di sempre”; “ci ha insegnato molte cose, era brillante e la verità e che molti di noi non sono Steve Jobs”, ricordando la sua capacità carismatica di essere convincente sfruttando poeticamente metafore che portavano le persone a ottenere cose che non avrebbero mai pensato di poter fare.
Parlando della sua nuova avventura nel mondo degli smartphone (con design curato da ex impiegati Apple), prodotti destinati principalmente a mercati asiatici e del Medio Oriente, non li vede come una minaccia per il mondo della Mela e in modo diplomatico risponde che su questi mercati Apple “se la caverà egregiamente”…. “è un mondo grande là fuori”.