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John McAfee «Se non riesco a sbloccare iPhone mangio una scarpa»

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«Ci penso io,» aveva detto con estrema sicurezza John McAfee, offrendosi di sbloccare l’iPhone di San Bernardino, aiutando l’FBI nell’annosa questione contro Apple. Eppure, non ha idea di come si possa sbloccare un  iPhone, almeno a giudicare dalla sua spiegazione su come ottenere il codice PIN. Per questo dovrà pagare dazio: ha detto di essere pronto a mangiarsi una scarpa, nel caso in cui non ci fosse riuscito. Beh, buon appetito.

L’ex sviluppatore di antivirus, John McAfee, aveva dichiarato un paio di settimane fa, di avere la soluzione perfetta per l’FBI: si era offerto di sbloccare l’iPhone utilizzato dal terrorista di San Bernardino. E’ talmente tanto sicuro di riuscire nell’impresa, che si è perfino spinto oltre, dicendosi pronto a mangiare una scarpa in caso di fallimento.

Durante un’intervista ai microfoni di Russia Today, in cui è stato presentato come una “leggenda in sicurezza informatica”, ha illustrato la vera tecnica che lo avrebbe portato ad infrangere le difese dell’iPhone incriminato. Consapevole che le rivelazione dei trucchi del mestiere, così come accade anche per i maghi, è mal vista dalla comunità di riferimento, McAfee ha così sentenziato:

Si ha bisogno di un ingegnere hardware e un ingegnere del software. L’ingegnere hardware prende il telefono e fa una copia di tutto l’instruction set, ossia di iOS, delle applicazioni e della memoria; dopo di che si esegue un programma chiamato disassemblatore, che prende tutta la serie di uno e zero e fornisce delle istruzioni leggibili. Poi, il codificatore inizia a leggere le informazioni che si stanno cercando, ossia il primo accesso alla tastiera, perché questa è la prima cosa che si fa quando immette un codice. Ci vorrà una mezz’ora, dopo di che si possono leggere le istruzioni per capire dove è memorizzato il codice segreto. È così banale.

Inoltre, aggiunge che questa tecnica funziona contro “qualsiasi computer”, e che se l’FBI non capisce qualche parte del processo possono anche contattarlo. Molto spiritoso.

Ovviamente, se fosse così semplice l’FBI avrebbe già praticato tale strada, se non fosse che il discorso di McAfee è ancora più semplice di quel che si crede: è un mucchio di sciocchezze, come fa notare la redazione di arstechnica. Quello che propone è totalmente sbagliato.

Il discorso di McAfee potrebbe avere un senso solo nel caso in cui esistesse una memoria flash o RAM contenente un PIN in chiaro, utilizzato da iOS per confrontarlo con il codice segreto inserito. Ovviamente, iPhone non è stato progettato per funzionare in questo modo. Il PIN iPhone non viene memorizzato sulla memoria flash

Finora, il metodo più plausibile per decifrare l’iPhone di San Bernardino senza l’assistenza di Apple, è quello che prevede una ispezione manuale del processore del terminale, utilizzando acido e laser. Fatto correttamente, questo procedimento potrebbe consentire all’FBI, non di conoscere il PIN del dispositivo, ma l’ID hardware dell’iPhone. Questo ID, potrebbe poi essere combinato con ciascuno dei PIN, fino a digitare quello esatto. Il costo e la complessità di questa tecnica, però, sarebbe estremamente alto, e estremamente rischioso: una mossa sbagliata e l’ID hardware sarebbe distrutto in modo permanente, perdendo così in modo definitivo la possibilità di recuperare i dati al suo interno.

john mcafee

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