Che Jobs avesse ritardato l’intervento al pancreas cercando di curarsi con metodi naturali prima di cedere all’idea di doversi sottomettere ai ferri del chirurgo è una cosa nota, che si sia successivamente rammaricato di quella scelta e che quando fu sottoposto alla rimozione della neoplasia aveva già delle metastasi, no. A rivelare questo dettaglio che potrebbe essere una delle chiavi che hanno condotto alla sua prematura scomparsa è Walter Isaacson nel libro Steve Jobs in uscita questo lunedì. Un’anticipazione, una delle tante che stanno trapelando in queste ore, di quel che si apprenderà dalla biografia del fondatore di Apple, arriva da un brano di 60 minutes, popolare trasmissione di inchiesta in onda domenica sul canale americano CBS.
Isaacson, intervistato da Steve Kroft, conferma quanto già spiegato in passato, ovvero che non appena appreso durante un esame per dolori allo stomaco (problema di cui soffriva cronicamente) della presenza di un tumore al pancreas, Jobs ha rifiutato di sottoporsi immediatamente all’intervento chirurgico consigliato dai medici.«Gli fecero una biopsia e gli dissero che era un tumore a crescita lenta, curabile, bastava occuparsi di esso al più presto, ma Jobs non lo fece. Tentò strade alternative, con una dieta macrobiotica. Gli ho chiesto perché – dice Isaacson nell’intervista – e lui mi ha risposto che non aveva voluto che il suo corpo fosse aperto, fosse violato in quel modo», dice Isaacson facendo cenno a quelle che potrebbero essere state delle convinzionie mistico-religiose di Jobs. Così aspettò nove mesi, mentre tutte le persone intorno a lui lo sollecitavano a farsi operare, poi accettò l’idea». «Troppo tardi», dice Kroft? «Quello che notarono è che il tumore si era diffuso ai tessuti intorno al pancreas», risponde Isaacson. «Ma come mai una persona così intelligente ha assunto una decisione così stupida?», controbatte l’intervistatore. «Penso che Jobs pensasse che quando non vuoi che qualche cosa esista, puoi farla sparire magicamente. Era una esperienza che aveva già fatto in passato. Ma poi si pentì di quel che aveva fatto».
Del colpevole ritardo con cui Jobs si fece operare parla anche in un assai più dettagliato articolo pubblicato nello speciale di Newsweek uscito la scorsa settimana e intitolato “A Medical Gamble” (una scommessa sulla salute). Alcuni esperti confermano che il tumore di Jobs sarebbe stato curabile ma che quando si decise ad intervenire dovette ricorrere alla procedura di Whipple, uno degli interventi più complessi in ambito chirurgico (“più complesso di un intervento al cervello” dice David Cho, un medico radiologo esperto in oncologia) che portò alla rimozione della cistifellea, parte dello stomaco e dell’intestino tenue, del dotto biliare e della parte destra del pancreas. Successivamente, si apprende dall’articolo, Jobs venne costantemente sottoposto a cure, probabilmente anche a radioterapie e questo nonostante egli stesso facesse mostra di essere tranquillo e sicuro che l’intervento avesse risolto tutti i suoi problemi di salute. Ma in realtà, dice l’articolo, Jobs poteva avere delle metastasi il cui progresso poteva essere frenato ma non fermato; in particolare micrometastasi sostanzialmente non rilevabili da nessun esame medico.
Lo stesso trapianto del fegato cui Jobs si sottopose nel 2009 potrebbe essere stato parte di questo tenativo di rallentare il progresso del male: «se c’era metastasi al fegato – dice Newsweek – è probabile che ci potessero essere metastasi anche altrove, nelle ossa, per esempio, o nel cervello». Secondo Joseph Kim, medico chirurgo oncologo dell’ospedale City Of Hope, il trapianto del fegato è inusuale in casi di metastasi (solitamente si preferisce rimuovere le parti colpite dal tumore), ma può essere attuato quando la situazione è molto compromessa e si vuole guadagnare del tempo: «anche se certo non molto tempo».
In tutto il mondo ci sarebbero state prima di Jobs solo una trentina di persone cui sarebbe stato praticato l’intervento di trapianto del fegato per metastasi da tumore neuroendocrino al pancreas, Jobs fu una di queste e una delle quattro che erano anche state sottoposte alla procedura di Whipple. Il fondatore Apple è sopravvissuto due anni e quattro mesi, meno della media rilevata dalla casistica medica.