Fallisce il tentativo di alcuni Paesi Europei di equiparare lo status fiscale degli e-book a quello dei libri cartacei: a meno di colpi di scena dal prossimo gennaio l’IVA sugli e-book in Italia potrebbe passare al 22%, equiparata a quella di altri beni come i videogiochi, anche se il Ministro Franceschini propone invece il 4 per cento, in sfida all’Europa.
Alcuni Stati UE, come Italia e Francia si sono battuti in Europa per far sì che gli e-book potessero essere equiparati ai libri cartacei, decisione che avrebbe consentito ai Paesi di sfruttare la cosiddetta IVA ridotta, al 4 per cento, applicabile alle forniture “di libri, gli album, la musica stampata, le mappe, i giornali, non il materiale pubblicitario”. Secondo la maggioranza dei rappresentanti dell’unione Europea invece i prodotti elettronici e-book inclusi, sarebbero paragonati ai videogiochi e non inclusi dunque nei criteri per poter usufruire dell’IVA ridotta, ed hanno così bocciato la proposta di fra gli altri Italia e Francia.
Gli Stati dovranno adeguarsi alla direttiva Europea 112/2006, che fra le altre cose imporrà l’applicazione dell’IVA del Paese in cui si consegna; attualmente invece le aziende possono applicare l’IVA del Paese in cui avviene fiscalmente l’ordine. Per esempio gli e-book comprati su Amazon subiscono oggi un’imposta di IVA Lussemburghese del 3 per cento; dal prossimo gennaio 2015 potrebbero invece subire un’imposta IVA del 22 per cento, con un conseguente aumento dei prezzi dei libri digitali, che probabilmente potrebbero costare tanto quanto quelli di carta.
L’Italia sembra però non essersi arresa, Di oggi è la notizia che il ministro alla cultura Dario Franceschini ha presentato un emendamento del Governo per portare IVA sugli e-book al 4 per cento, iniziativa che si allinea a quella di Parigi, che aveva fatto altrettanto portandola al 7 per cento. Un emendamento che sfida apertamente le decisioni della UE ma che, ignorando le direttive Europee, potrebbe avere ripercussioni a Bruxelles.