30 mesi di silenzio assoluto. Tanto è durato il periodo con cui Apple è riuscita tenere segreto lo sviluppo di iPod. Due anni e mezzo durante i quali non una foto, non una indiscrezione che non fossero quelle generate da speculazioni fondate sulla logica, non una voce con specifiche o caratteristiche è trapelata su Internet. Un tempo lunghissimo, tanto lungo da sembrare incredibile che anche una società come Apple, molto avvezza alla materia, sia riuscita nell’impresa. Specie per il fatto che intorno ad iPhone sono state costruite alleanze e strategie che coinvolgono partner come Google, Yahoo e Cingular che hanno decine di top manager e milioni di clienti. Per non parlare di una folta pattuglia di fornitori asiatici.
A spiegare come l’impresa sia stata possibile è un articolo pubblicato da Fortune che ripercorre all’indietro la storia dell’iPhone proprio con l’intenzione di spiegare il sistema con cui Cupertino ha operato per chiudere ogni possibile fuga di notizie.
Il primo passo è stato impedire a chiunque, compresi i partner più vicini, come Google e Yahoo di vedere il cellulare. Mai nel corso dello sviluppo il dispositivo è stato mostrato nel corso di incontri con gli sviluppatori. Per aiutarli a creare il software senza vedere né il telefono né l’interfaccia sono stati creati software “paravento” noti come “stack”.
Anche Cingular, con cui è stato siglato un patto due anni fa, non ha mai visto, se non qualche settimane fa, il telefono. Per permettere lo sviluppo delle relazioni Cupertino portava alle riunioni cellulari con un case provvisorio, un provvedimento che è stato usato anche nel corso delle riunioni interne ad Apple.
Chi non poteva non sapere tutto del telefono, compreso il suo aspetto esteriore, era il ristrettissimo manipolo di cui è composto il vertice di Apple. In questo caso per evitare ogni rischio Jobs ha imposto la più stretta segretezza anche con i famigliari più prossimi.
Schiller racconta, ad esempio, che né i figli e neppure la moglie sapevano il merito delle riunioni sempre più frequenti e lunghe che si tenevano man mano che si avvicinava il Macworld. “La mattina quando sono uscito per venire al keynote * dice Schiller * mio figlio mi ha detto: papà , ora possiamo sapere quello su cui stai lavorando?”
Apple, infine, ha portato l’iPhone al Macworld, spiega ancora Fortune, nel momento in cui era ormai prossima la presentazione alla FCC, la Federal Communications Commission, l’ente americano che deve omologare ogni apparecchio radiotrasmittente. Nel momento stesso in cui il cellulare finirà nelle mani della FCC, infatti, nulla di esso sarebbe stato più segreto.