L’FBI avrebbe speso circa 1,3 milioni di dollari per sbloccare l’iPhone. È stato James Comey, direttore dell’FBI, ad accennare ai costi che l’ente investigativo ha dovuto affrontare per sbloccare l’iPhone dell’attentatore di San Bernardino.
In realtà Comey ha solo detto che l’ente ha speso “Un sacco di soldi” aggiungendo “molti più di quelli che guadagnerò io da qui alla pensione”. È stato il New York Times a usare questa affermazione per elaborare una stima. Il capo dell’Fbi guadagnerebbe infatti circa 185 mila dollari l’anno e giacché mancano 7 anni e 4 mesi al suo pensionamento (calcolando anche le tasse) si dovrebbe arrivare a circa 1,3 milioni.
Il New York Times afferma che la cifra è ad ogni modo in linea con quanto molte aziende sono disposte a spendere per individuare vulnerabilità e bug nei sistemi operativi dei loro dispositivi. Non rivelato il nome dell’hacker o degli hacker che hanno aiutato l’FBI; nei giorni scorsi si è parlato di un’azienda di software israeliana, ma non vi è mai stata conferma.
Oltre a dare un indizio sulla cifra, Comey ha detto: “Abbiamo pagato molto… ma ne è valsa la pena”, facendo probabilmente riferimento al fatto che lo sblocco non ha portato gli investigatori verso nuove piste, ma ha permesso di avere conferme sulle mosse compiute dopo l’attentato o, forse, che l’operazione di sblocco ha dato informazioni su un sistema per aprire altri dispositivi, anche se il numero uno della polizia federale qualche settimana fa aveva spiegato che la procedura sfruttata dall’FBI per sbloccare l’iPhone 5c dell’attentatore non può essere sfruttata sui dispositivi più recenti.
Il sistema non funziona su telefoni quali l’iPhone 5s o il 6s ed è utilizzabile per un numero ristretto di iPhone, per lo più datati. Il direttore dell’FBI ha anche detto che se Apple rilascerà aggiornamenti per risolvere la vulnerabilità, si riaprirà probabilmente la battaglia in caso di indagini nelle quali il dipartimento avrà bisogno di accedere ai dati di un iPhone bloccato.