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L’iPhone 16 Pro in viaggio a Tokyo, tra delusioni e scoperte

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In questo articolo vi raccontiamo la nostra esperienza sul campo con iPhone 16 Pro. Ma a Tokyo ci siamo portati anche iPhone 16e: ecco com’è andata

C’è una verità che ogni recensore tecnologico nasconde gelosamente: la realtà d’uso di un dispositivo è sempre più complessa e imprevedibile rispetto ai test di laboratorio. Abbiamo portato l’iPhone 16 Pro a Tokyo in due occasioni distinte, a ottobre dell’anno scorso e a marzo di questo, vivendo esperienze diametralmente opposte.

La prima volta è stata una lotta continua, una specie di Hunger Games tecnologico in cui la batteria moriva sempre nei momenti cruciali, acuita dapprima dal desiderio di non replicare una spesa già fatta (tra un attimo lo spieghiamo meglio) che poi è diventata quasi una sfida personale.

La seconda si è trasformata in un idillio sostanzialmente perfetto, una simbiosi tra uomo e macchina in cui ogni esigenza veniva soddisfatta quasi prima di pensarla.

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Foto di Antonio Dini

Lo ammettiamo senza pudore, al primo viaggio ci siamo lanciati con l’arroganza tipica dei tecno-entusiasti di una volta: macchina fotografica a tracolla, saponetta Wi-Fi con scheda locale e la convinzione che l’iPhone 16 Pro sarebbe stato all’altezza delle aspettative.

Errore madornale, un’ingenuità notevole che abbiamo pagato con ore di frustrazione mentre cercavamo disperatamente una presa di corrente nei caffè di Shibuya. La macchina fotografica, peraltro, è rimasta nello zainetto quasi tutto il tempo, un peso morto che trascinavo per le strade di Tokyo, mentre anche la saponetta Wi-Fi richiedeva continue ricariche, diventando un secondo problema da ricaricare tutte le sere, invece di una soluzione.

Il vero tallone d’Achille però è stato un altro. La vera debolezza sistemica che ha messo in crisi tutta l’architettura del viaggio si è rivelata essere l’autonomia dell’iPhone 16 Pro, che nonostante i miglioramenti rispetto alla generazione precedente di cui abbiamo parlato nella nostra lunga e dettagliata recensione, si è dimostrata insufficiente per una giornata intensa di esplorazione urbana. Molto insufficiente.

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Foto di Antonio Dini

Con navigazione GPS costante, foto continue ai mille dettagli del panorama di Tokyo e ricerche su ristoranti e indicazioni stradali, più le immancabili traduzioni al volo e l’uso continuo di altre app (Instagram in testa, per trovare luoghi di aggregazione segnalati dagli influencer) lo smartphone si arrendeva regolarmente nel primo pomeriggio, già sul primo dopo-pranzo.

Sembrava quasi che il dispositivo si stesse vendicando dello sprovveduto cronista, spegnendosi proprio mentre tentavo di immortalare il tramonto elettrico sul quartiere di Akihabara.

La rivincita di marzo comincia in volo con Ana

Ma la fortuna è quella di essere dei ripetenti a vita. Come dicevano gli antichi: repetita iuvant, dopotutto. Il secondo viaggio, a marzo, è nato sotto una stella completamente diversa.

Armati dell’esperienza precedente e di un approccio più strategico, anche perché volevamo fare un tipo di viaggio completamente diverso, leggerissimo, tutto basato solo sull’iPhone. Così, abbiamo lasciato a casa la macchina fotografica superflua, il computer, l’iPad e tutto il resto,e abbiamo optato per l’iPhone 16 Pro “nudo e crudo”, con una eSIM locale invece della saponetta Wi-Fi.

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Foto di Antonio Dini

La differenza è stata immediata, quasi miracolosa: nessun dispositivo aggiuntivo da ricaricare, connessione sempre stabile e un risparmio energetico considerevole. L’iPhone 16 Pro sembrava un dispositivo completamente diverso, come se Apple avesse silenziosamente rilasciato un aggiornamento software rivoluzionario.

L’unica funzione della nostra esperienza d’uso che non ha proprio cliccato è stato il tasto Controllo Fotocamera, che a ottobre avevo sottovalutato, e a marzo abbiamo completamente disattivato. Anche perché in posizione scomoda per chi ha le mani grandi ma usa un telefono medio-piccolo, finisce sempre per mettersi in mezzo mentre si scatta o si manipola il telefono.

Si va nelle impostazioni e si disabilita e il problema è risolto. La possibilità di attivare rapidamente la fotocamera e scattare senza sbloccare il telefono si può fare anche in altri modi e ha trasformato l’esperienza di documentazione del viaggio, catturando momenti che altrimenti sarebbero andati perduti nei secondi necessari ad accedere all’app fotografica.

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Foto di Antonio Dini

Gli stili fotografici di seconda generazione hanno dato un tocco personale alle immagini dei templi, dei santuari e dei giardini imperiali, rendendo superflua qualsiasi post-produzione. In questo servizio, però, vedete solo foto scattate durante il primo viaggio, perché abbiamo una piccola sorpresa per quanto riguarda la seconda puntata, ambientata sempre nel viaggio a Tokyo di marzo.

L’esplorazione è stata facilitata anche dalla comodità del viaggio che abbiamo deciso di fare in modo diverso: come abbiamo detto, è stato un viaggio completamente centrato sull’iPhone.

Nel senso che abbiamo deciso di andare a Tokyo a marzo, partendo da Milano, usando l’iPhone come unica interfaccia digitale per tutta l’organizzazione e gestione del viaggio. E la scelta si è dimostrata molto più comoda che in ottobre anche per via del nuovo volo diretto di ANA, la compagnia aerea giapponese All Nippon Airways.

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Foto di Antonio Dini

Abbiamo fatto tutto con il telefono: logistica, esplorazione, ma anche dalla ricerca alla prenotazione e gestione del volo, dalla programmazione di tutti gli spostamenti in città alla gestione del soggiorno. Se molte cose si fanno già di solo con il telefono, la gestione del volo è stata una piacevole scoperta.

Un viaggio super-tech

Quello per Tokyo-Haneda è un volo lungo (attorno alle 14 ore) ma che è risultato molto più comodo di quello fatto a ottobre con un’altra compagnia e con uno scalo europeo. Non solo perché l’aeroporto di Haneda è praticamente in centro città a Tokyo (dieci minuti di monorotaia), ma anche grazie ai nuovi Boeing 787-900 con cabina e servizio di ultima generazione, WiFi libero per messaggi e a pagamento in economy per tutti gli altri servizi (è invece incluso con il servizio di business e prima classe) e buone prestazioni sia sulla rotta di andata più “bassa” che quella di ritorno lungo il Polo Nord.

Non è come avere la fibra di casa o il 5G, ma si possono tranquillamente navigare siti web, fare chiamate audio e gestire la posta. Tutto concentrato nel nostro iPhone 16 Pro, che abbiamo ovviamente tenuto in carica per una parte del volo.

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Inoltre, grazie anche a una interfaccia molto semplice e integrata, la procedura sviluppata da Ana tramite app iOS di prenotazione, check-in, verifica di tutti i requisiti, gestione delle scelte ulteriori, si è dimostrata estremamente semplice e lineare sul telefono.

Dopo anni che dal nord Italia mancava la possibilità di viaggiare direttamente verso il Giappone (il volo doveva essere riattivato già nel 2020 ma il lockdown ha rallentato i programmi di ANA). Oggi la fortuna è anche che adesso sia ITA che ANA appartengano allo stesso gruppo di compagnie di cui fa parte anche Lufthansa, con la raccolta dei punti Miles and More e i servizi di code sharing e di lounge comuni, rende l’esperienza molto più semplice e conveniente.

Abbiamo usato le app per verificare le miglia accumulate, la gestione del volo, la scelta dei posti, il biglietto, i documenti da sottoporre all’immigrazione, anche il sistema di registrazione dei dati biometrici per accelerare la dogana giapponese. Se non fosse che serve il passaporto “fisico”, avremmo potuto veramente viaggiare “paperless”, senza carta.

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Foto di Antonio Dini

Quindi, grazie anche all’esperienza molto più rilassante e comoda del viaggio di marzo, abbiamo realizzato che la vera differenza tra i due viaggi non stava tanto nel dispositivo, che era lo stesso, quanto nell’ecosistema che è possibile costruirgli attorno. La connessione semplice e senza complessità è fondamentale, ad esempio.

Per questo l’utilizzo dell’eSIM locale ha eliminato l’attrito generato dalla connessione hotspot e poi abbiamo usato il fornitore di eSIM che ci è sembrato più conveniente sul mercato: eConnect Japan che si attiva solo dal sito, ma sono ottime anche MobiMatter, Airalo e HolaFly.

Invece, la saponetta è uno dei fattori che più rapidamente prosciugano la batteria. La decisione di affidarci completamente alle capacità fotografiche dell’iPhone, senza alternative, ha permesso a questo cronista di concentrarsi sull’esperienza piuttosto che sulla tecnologia che la documentava.

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La batteria non è tutto

La gestione dell’energia è diventata una seconda natura durante il primo viaggio, con pause strategiche in caffè dotati di ricarica wireless e l’attivazione della modalità risparmio energetico nei momenti meno critici della giornata.

Il telefono rispondeva a queste attenzioni come un animale domestico un po’ irruento, estendendo a volte la sua autonomia oltre i limiti e altre volte scaricandosi subito, con il rischio di non poter usare la tessera di trasporto integrata Suica, comodissima (assieme alla concorrente Pasmo), perché si ricarica direttamente da ApplePay e permette di usare i mezzi di trasporto ma anche pagare nei negozi 7-Eleven e Lawson oltre che in molti altri centri vicini alle uscite di metro e treno.

La modalità aereo attivata nei momenti di spostamento in metropolitana ha fatto la differenza in quel primo caso, così come la riduzione della luminosità dello schermo quando non strettamente necessaria.

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Invece, nel secondo viaggio di marzo la batteria è stata risolta dal power bank MagSafe di Apple che abbiamo recensito in un articolo in questi giorni: un acquisto “vintage” che ha reso estremamente “facile” estendere di quel 50% che serve l’autonomia del telefono senza ingombrare e appesantire, con anche la possibilità di vedere chiaramente quanta autonomia ha il MagSafe stesso grazie all’integrazione software con iOS.

La scelta è stata particolarmente azzeccata perché, quando non in uso, scompare nella tasca davanti dei jeans permettendoci di girare senza borse o zainetti, solo con il telefono, la chiave magnetica dell’hotel e il caricabatteria. Perché non ne avevamo comprato uno a Tokyo a ottobre?

All’inizio perché volevamo vedere come si fa a vivere con un telefono nuovo senza power bank e poi perché a casa avevamo già un buon numero di altri power bank acquistati nel corso degli anni (quasi tutti con l’odioso cavetto) e non volevamo aggiungerne un altro a questa collezione senza fine. Tornati abbiamo ripescato subito il MagSafe ed è stata una scoperta unica.

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Foto foto foto

Lo zoom 5X, giustamente criticato nella nostra recensione originale come funzione più di marketing che di reale utilità, ha tuttavia trovato la sua ragion d’essere nelle strade affollate di Tokyo, dove avvicinarsi fisicamente ai soggetti è spesso impossibile.

I dettagli architettonici dei grattacieli di Shinjuku e le espressioni dei performer di strada a Yoyogi Park si colgono con una maggiore nitidezza, facendoci ricredere sul valore di questa funzionalità. In quei momenti, la differenza tra uno zoom ottico e uno digitale diventa lampante, giustificando a nostro avviso l’investimento nel modello Pro se avete deciso di rinunciare per sempre alla fotocamera.

Il vero test è arrivato durante una giornata di 14 ore di esplorazione ininterrotta, dalla mattina presto per vedere il mercato del pesce fino ai locali notturni di Roppongi per un ultimo drink con cui cercare di affogare il jet-lag.

L’iPhone 16 Pro, grazie al MagSafe di scorta, ha resistito fino all’ultimo, con un buon residuo che sembrava una vittoria personale contro i limiti della tecnologia attuale. Gli scatti notturni sono ben dettagliati, con i neon di Kabukicho che brillavano quasi quanto nella realtà, senza necessità di ritocchi o modalità speciali.

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Il Grande Buddha di Kamakura

La parte maggiore del viaggio però è stata a Kamakura, a un’ora di treno da Tokyo, ha rappresentato la prova suprema per le capacità fotografiche dell’iPhone 16 Pro. Il Daibutsu, l’iconico Buddha di bronzo alto quasi 14 metri, è un soggetto che ha messo in difficoltà generazioni di fotografi amatoriali e professionisti.

L’immensa statua, con la sua patina verdastra e le sottili variazioni di tonalità, richiede un’abilità particolare nel bilanciare luci e ombre, specialmente nelle giornate di sole intenso tipiche della primavera giapponese. Un’abilità che a questo cronista manca completamente. Per fortuna, non manca all’iPhone 16 Pro che, contro ogni aspettativa, ha catturato l’imponenza e la serenità del colosso con una fedeltà sorprendente.

Gli Stili fotografici di seconda generazione si sono rivelati particolarmente efficaci in questo contesto, permettendomi di esaltare i contrasti tra il bronzo della statua e l’azzurro del cielo senza compromettere la naturalezza dell’immagine.

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Foto di Antonio Dini

Il verde primaverile dei giardini circostanti è emerso con una vivacità che ricordava più le stampe tradizionali ukiyo-e che le tipiche fotografie digitali. Avendo a disposizione tre obiettivi e una serie di combinazioni software di scatto computazionale, abbiamo potuto cambiare rapidamente dalla modalità grandangolare, per catturare l’intero monumento nel suo contesto, allo zoom 5X per i dettagli del volto enigmatico del Buddha, senza perdere un istante di quel magico pomeriggio.

La gamma dinamica del sensore ha gestito molto bene l’impegnativo contrasto tra le zone in ombra della statua e il cielo luminoso, restituendo un’immagine equilibrata che non ha richiesto alcun intervento di post (peraltro, sport che questo cronista non pratica preferendo un approccio “direttamente-dalla-fotocamera”).

Non volevamo fare, comunque, un reportage da pubblicare su una rivista patinata, e molti di quegli scatti sono privati e personali per cui non compaiono qui, ma per un uso punta-e-clicca l’iPhone 16 Pro è completamente fuori scala.

Una Leica degli smartphone (con buona pace di Xiaomi). Nel corso degli anni questo cronista ha fotografato il Daibutsu con diverse generazioni di iPhone e fotocamere dedicate, ma il risultato non era mai stato così immediato e soddisfacente, quasi come se l’iPhone 16 Pro avesse compreso l’importanza storica e spirituale del soggetto che stava immortalando.

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Il verdetto finale

Il confronto tra i due viaggi ha rivelato una verità fondamentale sull’iPhone 16 Pro: è un dispositivo eccellente che richiede però un utente consapevole. Non è la tecnologia in sé a fare la differenza, ma come la si utilizza nel contesto reale, lontano dalle condizioni estreme dei test tradizionali, che sono molto intensi e molto veloci.

Ci vuole tempo per addomesticare la piccola bestia. Ma una volta fatto si scopre che l’iPhone 16 Pro è un prodotto che cresce con l’esperienza d’uso, rivelandosi progressivamente più capace di quanto sembri inizialmente.

La mancanza dell’Apple Intelligence, di cui ci siamo giustamente lamentati nella recensione originale, non si è fatta sentire particolarmente durante l’esperienza di viaggio forse perché non abbiamo alcuna abitudine all’uso di questo tipo di tecnlogia. Il futuro (manca poco) ci dirà se ci siamo persi qualcosa di significativo.

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Certo, è la prima volta che usiamo un iPhone che è stato costruito e viene venduto per qualcosa che non si può fare, ma non si può avere tutto dalla vita. Ci ha fatto venire in mente la Tesla Model 3 che abbiamo usato per alcune settimane: un’ottima macchina anche senza la guida autonoma.

La verità è che uno smartphone eccellente nelle funzioni fondamentali (fotografia, navigazione, autonomia quando correttamente gestita) rende secondarie le funzionalità avanzate di intelligenza artificiale, almeno nel contesto di un viaggio all’estero. Un giorno sicuramente l’AI sarà indispensabile, ma per ora l’essenziale resta altrove: alzando la testa e guardando il mondo che stiamo esplorando.

Il doppio viaggio a Tokyo infatti ci ha insegnato che l’iPhone 16 Pro non è perfetto, ma è perfettibile attraverso un uso consapevole. È uno strumento che amplifica le capacità di chi lo utilizza, a patto di conoscerne limiti e potenzialità. Non è magia, è tecnologia ben progettata che richiede però un partner umano altrettanto ben organizzato.

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Connessione con l’anima del Giappone

Abbiamo apprezzato la maneggevolezza del dispositivo, che scivolava facilmente dalla tasca grazie anche alle dimensioni contenute rispetto al 16 Pro Max per catturare istanti fugaci senza interrompere l’immersione nell’atmosfera locale.

Abbiamo approfondito con calma le funzioni di iOS 18: i nuovi algoritmi fotografici hanno saputo interpretare i complessi giochi di luce filtrata attraverso la foresta di portali votivi, mantenendo l’intensità del rosso-arancio caratteristico senza saturarlo artificialmente come accadeva con i modelli precedenti.

La connettività 5G, unita all’eSIM locale, ha trasformato anche l’esperienza culturale del viaggio, permettendoci di accedere istantaneamente a informazioni dettagliate sui luoghi visitati, traduzioni in tempo reale delle iscrizioni storiche, e persino mappe interattive dei complessi templari più articolati o nelle stazioni di scambio tra linee diverse più complicate.

In questi momenti, la tecnologia non solo documenta ma arricchisce l’esperienza, creando un ponte tra curiosità istantanea e soddisfazione immediata della stessa, oltre a togliere dagli impicci: tutti aspetti che spesso vengono trascurati nelle recensioni tecniche concentrate esclusivamente sulle specifiche hardware.

Il vero valore dell’iPhone 16 Pro, alla fine di questo doppio viaggio nipponico, si è rivelato essere la sua capacità di scomparire quando non serve e di rispondere presente quando necessario.

La tecnologia più sofisticata è quella che non si avverte, che diventa un’estensione naturale dei nostri sensi piuttosto che un dispositivo da gestire. In questo senso, l’iPhone 16 Pro ha raggiunto una maturità che va oltre le novità incrementali dell’hardware: è la raffinatezza dell’esperienza utente a fare la vera differenza, soprattutto in contesti impegnativi come quello di un viaggio all’estero in una cultura profondamente diversa dalla nostra.

In questo articolo vi abbiamo raccontato la nostra esperienza sul campo con iPhone 16 Pro. Ma a Tokyo ci siamo portati anche iPhone 16e: ecco com’è andata

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