Nella home page di Apple USA capeggia la pubblicità di iPhone 16 Pro, la stessa cosa in quella italiana e del resto dei paesi europei, ma con una differenza: per gli americani iPhone 16 è “Built for Apple Intelligence” e addirittura lo slogan pubblicitario è “iPhone 16 Pro – Hello, Apple Intelligence“.
Invece, in Italia e nel resto d’Europa no. Scompare qualsiasi riferimento ad Apple Intelligence e si passa direttamente alle qualità organolettiche dell’iPhone 16 Pro: “Controllo fotocamera, per accedere in un istante agli strumenti per foto e video. Dolby Vision 4K a 120 fps, per riprese spettacolari. Chip A18 Pro, una potenza colossale. E un’autonomia senza precedenti“.
Stesso approccio anche per l’iPhone 16 “normale“, che guadagna di autonomia (il modello base con schermo più piccolo ne aveva veramente bisogno) e va meglio della generazione precedente. Ma niente AI.
Essere o non essere iPhone 16?
Ha ancora senso un iPhone 16 “costruito per Apple Intelligence” se poi l’Apple Intelligence non c’è? E quando arriva, se arriva, da noi? Ci sarebbe da sfoderare pazienza e serendipità e poi chiamare in causa Samuel Beckett e il suo Aspettando Godot. Più praticamente e prosaicamente, sappiamo tutti quali sono i problemi: l’Apple Intelligence per adesso non arriva in Europa.
Questo sia che sia un problema normativo (ma di tipo preventivo, visto che l’Unione europea non ha detto niente per quanto riguarda le mosse di Apple in questo ambito) legato cioè all’AI Act, la legge europea che regola questo settore, oppure che sia una ripicca nei confronti della Commissione europea che da un lato fa le multe ad Apple e dall’altro la obbliga a smantellare il suo sistema chiuso, aprendo ad influenze e tecnologie esterne: App Store alternativi, possibilità di fare acquisti al di fuori dei sistemi di pagamento di Apple, cancellabilità di tutte le app inclusa Messaggi e obbligo di usare lo spinotto USB-C.
E se fosse che l’architettura pervasiva di Apple Intelligence non è compatibile con un iOS 18 costruito per essere smontato? Se AI non potesse funzionare bene, se gli mancano dei pezzi che gli utenti europei possono cancellare (l’app Foto, le app della rubrica, il browser, le note e le altre app di sistema) e quindi Apple non la metterà mai in Europa?
Come scoprire se l’AI funziona davvero
Sia quel che sia, niente AI in Europa almeno per un po’ di tempo. Tanto, anche negli USA è una promessa e non una realtà: arriverà nei prossimi mesi. L’enfasi è tanta, le demo controllate che sono state mostrate notevoli, ma abbiamo imparato che l’AI oggi ha anche una sorta di “distorsione della percezione” per cui funziona in maniera quasi magica sino al momento che non lo fa più. Occorre provarla, insomma, per vedere se realmente funziona.
Perché non è così scontato che funzioni. Ad esempio, i filtri introdotti da Adobe e Google che cancellano le immagini non volute dagli sfondi: funzionano ma fino a un certo punto. Oppure i deliri e le allucinazioni di ChatGPT e degli altri chatbot: le risposte ci sono e sono coerenti fino a che il chatbot non ti consiglia di mangiare sassi e mettere la colla sulla pizza.
Il valore vero dell’AI
E poi c’è una valutazione più generale: il settore delle AI è molto più immaturo di quanto non ci vogliano far vedere, in effetti, anche dal punto di vista economico. A crescere sono stati alcuni fornitori (OpenAI per le capacità di ChatGPT e Nvidia per il lato hardware, un mare di startup sulla fiducia che faranno soldi) ma ancora non ci sono casi illuminanti di aziende che sono diventate estremamente più produttive usando l’AI.
Insomma: l’AI fa fare i soldi a chi la produce ma non a chi la usa. Però, essendo un servizio, dovrebbe esserci un aumento della ricchezza generato dall’AI direttamente dagli utenti, non dai suoi produttori. Quindi anche la sua utilità è abbastanza in sospeso, almeno per adesso.
La dura legge della lingua
Infine, arriviamo al capitolo Italia. I parlanti italiani al mondo non sono tanti. Anzi, sono pochi: circa 85 milioni (incluso chi l’italiano l’ha studiato come lingua a scuola). Se si guarda al G8 l’Italia è uno dei paesi più industrializzati al mondo. Ma se si guarda al numero di parlanti in maniera fluente (come lingua madre o quasi), non siamo nemmeno tra i primi dieci.
La geografia delle lingue è diversa: la fa da padrone l’inglese con circa 1,5 miliardi di parlanti, seguito dal cinese mandarino con 1,1 miliardi, dall’Hindi con 600 milioni, lo spagnolo con 550 milioni, il francese con 300 milioni, l’arabo con 274 milioni, il bengalese con 273 milioni, il portoghese con 258 milioni (dentro c’è anche il portoghese brasiliano), il russo a pari merito con 258 milioni e l’urdu con 230 milioni.
A guardare questa combinazione di lingue, è ovvio che l’italiano non faccia parte del giro, come neanche il tedesco. E questo nonostante i due paesi europei abbiano un peso molto maggiore nel fatturato di Apple. Tuttavia, se si guarda alla scala delle priorità delle lingue indicate da Apple per le future localizzazioni, si vede un approccio più “furbo”.
La Babele dell’iPhone
“Apple Intelligence – scrive Apple – viene lanciata per prima in inglese negli Stati Uniti e si espanderà rapidamente per includere l’inglese localizzato in Australia, Canada, Nuova Zelanda, Sudafrica e Regno Unito a dicembre, mentre il supporto di altre lingue, come cinese, francese, giapponese e spagnolo, arriverà l’anno prossimo”.
Il “come” lascia intendere che potrebbero esserci altre lingue (italiano e tedesco?) ma la realtà è che per adesso lo sforzo di Apple va nella direzione di fissare i vari dialetti dell’inglese e poi dedicarsi alle lingue “pesanti” con l’aggiunta del giapponese, che ha un numero di parlanti simile all’italiano ma non può essere “perso” come mercato. Ciao ciao coreano e portoghese, invece. E ciaone anche al russo.
Francese e spagnolo servono a coprire una miriade di stati: dal Canada per il francese (e pezzi di Africa, che è comunque un mercato in crescita) a tutta l’America Latina per lo spagnolo (ma niente Brasile). Il cinese, nonostante non ci sia l’AI a Pechino (è vietata), è comunque parlato a Taiwan e in decine di altri mercati. La diaspora cinese è gigantesca e ci sono decine di milioni di parlanti cinesi in tutto il mondo. Gente che oltretutto storicamente spende molto nell’acquisto degli iPhone perché sono esteticamente appaganti e funzionali per la lingua cinese.
Il rebus delle localizzazioni
Non sappiamo poi quale sarà il puzzle delle localizzazioni: cosa succede se un utente argentino con la zona settata sull’Europa e la lingua spagnola come default accede a iOS 18 quando lo spagnolo sarà attivo? E quanto l’AI di Apple sarà in grado di discriminare le differenze grammaticali, lessicali e di pronuncia tra paesi latinoamericani che hanno differenze paragonabili a quelle dei principali dialetti dell’arabo?
Non lo sappiamo. Non sappiamo nemmeno se e quando Apple localizzerà l’AI in italiano. Ed è lecito chiedersi perché Apple, che è una delle maggiori società quotate in Borsa con risorse di fatto infinite non è in grado di fornire ai clienti dei modelli linguistici “internazionali” che comprendano quindi anche l’italiano, come fa Google o OpenAI?
La risposta sta nell’uso di AI dentro iOS 18. Non è un semplice chatbot che risponde più o meno a tono, con una lingua piena di calchi dall’inglese soprattutto dal punto di vista sintattico e con espressioni palesemente tradotte da quella lingua. ChatGPT è “madrelingua inglese” e poi ha imparato e “parla” relativamente bene le altre lingue.
Idem per Gemini e Claude. Invece, Apple Intelligence deve fare un lavoro di fino, completamente calato nel contesto linguistico e culturale di un paese. Deve “capire” e associare cose diverse tra loro: il senso e la priorità delle mail, il senso delle foto, il senso dei testi, il senso di comandi e altre ricerche di informazioni. Deve coprire lo stile di scrittura e farlo su registri linguistici e con toni diversi.
Una AI madrelingua e un telefono “monco”
Insomma, AI deve essere madrelingua italiano. Il che vuol dire, con tutta probabilità, un addestramento da zero di un LLM di base dedicato all’italiano così come vengono dedicati alle altre lingue gli LLM per spagnolo, cinese, giapponese e francese. Addestramenti che hanno costi di alcune centinaia di milioni di dollari, richiedono l’uso di interi datacenter dotati delle CPU e GPU adatte e di decine di programmatori e tecnici esperti nelle lingue che vengono usate per l’addestramento, avendo accesso a materiali adeguati, ripuliti, strutturati e taggati in maniera corretta. Miliardi di materiali.
La nostra sensazione? È che per un bel po’ l’italiano dentro AI non ci sarà. E questo pone un problema molto semplice: vale la pena comprare un telefono la cui funzione principale non avremo mai a disposizione? Oppure ci sono altri motivi per farlo? È una domanda aperta, alla quale il mercato risponderà tra pochi giorni.
Novità Apple settembre 2024
Il 9 settembre sono stato annunciati i nuovi iPhone 16/Plus, gli iPhone 16 Pro/Max, AirPods 4 e Apple Watch 10: cliccando qui sui nomi dei prodotti potrete leggerne il relativo approfondimento. Per un riepilogo di tutto quel che è Apple ha presentato in questa occasione vi invitiamo a consultare questo articolo.