A breve sapremo la verità. Apple sta lavorando alacremente, passato il keynote di settembre dedicato agli iPhone, a quello di ottobre in cui dovrebbero fare la loro comparsa i nuovi iPad Pro e i MacBook Air R, o come si chiameranno (ammesso che esistano). Le indiscrezioni si moltiplicano, ne abbiamo parlato anche noi, e si contano in centinaia di migliaia quelli che aspettano a comprare un nuovo MacBook per vedere se arriverà il mitico Air con schermo Retina (da cui: MacBook R).
Ma immaginiamo, tanto per il gusto di parlare sulle parole dei vari rumors, un altro scenario. Seguiamo la traccia che vede all’orizzonte l’ipotesi di iPad Pro senza tasto home, con il riconoscimento del volto tramite la consueta tacca o notch. E soprattutto con uscita USB-C.
Ci sono i critici e quelli favorevoli a questa ipotesi: anche se i rumors la danno abbastanza per certa, potrebbe non succedere (o potrebbe succedere un’altra cosa, come vedremo tra un attimo). Ma prendiamola per buona: iPad Pro senza connessione Lightning ma con connessione Usb-C come i MacBook e MacBook Pro di oggi. Cosa vorrebbe dire? Cosa succederebbe? Cosa cambierebbe?
Ci sarebbe un problema di sbilanciamento rispetto agli iPhone e agli iPad “normali” (e mini), che utilizzano la Lightning. E anche rispetto alle Apple Pencil (o le penne di terze parti come Logitech), che utilizzano il Lightning come presa per ricaricarsi direttamente nell’iPad Pro/normale. E questo sappiamo sarebbe un problema. Il catalogo Apple più redditizio, quello dei prodotti iOS, in mezzo al guado. Mezzi prodotti Lightning e mezzi Usb-C. Lo abbiamo capito, è il più grosso dubbio al fatto che possa succedere il cambio di passo e di formato.
In realtà potrebbe essere un chiaro indicatore del periodo manierista e un po’ alessandrino che sta vivendo la Apple post-Steve Jobs, con un Tim Cook che ha visione sulle strategie e sulla macchina-Apple (in termini di ottimizzazione della produzione), ma non dei suoi prodotti e dell’idea di futuro che Steve Jobs aveva disegnato. Lo sappiamo, ne parleremo ancora.
Invece, restando in tema: cosa potrebbero essere gli iPad Pro Usb-C? Nella visione di Cook dovrebbero diventare i computer nella fascia di prezzo sotto quella dei MacBook Pro. Dovrebbero essere cioè la risposta a chi sostiene che Apple non fa abbastanza per chi ha bisogno di una produttività “normale”, non ha esigenze da super-pro, soprattutto non ha da 1500 fino a 5mila, 8mila euro da mettere sul piatto per un portatile.
Se il bisogno non è così elevato da giustificare la potenza e la memoria, quindi il prezzo, perché allora non pensare a un iPad Pro? Dopotutto costa quella cifra che vale come un portatile Apple “normale”, e fa – nell’ottica della Apple di oggi – le stesse cose di un MacBook Air, più o meno.
Certo, è iOS e non macOS, ma le similitudini sono sempre più numerose, ci sono le tastiere aggiuntive e le penne esterne, lo schermo è touch, con le app si fa quasi tutto e alla fine quel mondo iOS più ordinato e pettinato, oltre che ben circoscritto e salvaguardato da virus e pirateria, fa al caso di tantissimi utenti.
Addirittura, se vogliamo proprio vederla in prospettiva millennials e z-generation (quelli che vengono dopo i millennials), gli iPad Pro sarebbero un modo per continuare l’esperienza informatica iniziata su iOS con iPhone e qualche vecchio iPad di quando si era ragazzini. Perché sono sempre più numerosi i ragazzi e le ragazze che arrivano alla fine del liceo o all’inizio dell’università e non hanno mai posseduto un Pc o un Mac. Semplicemente, perché non ne hanno mai avuto bisogno.
Abituati a viaggiare leggeri nella vita, senza smanettare (sono sempre meno quelli che lo fanno e soprattutto poi con tutta probabilità andranno a fare i tecnici informatici da qualche parte, non sono utenti Apple preferiti dall’azienda di oggi) i millennials e gli z-generation il computer casomai ce l’hanno nelle salette pubbliche, negli uffici che si affittano, nei posti di lavoro predefiniti. Ma il vero computer che portano sempre con sé è un post-PC, sia esso da tasca dei jeans o da borsetta di tela tote-bag.
Insomma, se Apple pensa a una generazione o due di utenti che non hanno l’eredità del pc sulla schiena, né gli archivi strutturati in cartelle di documenti (foto, testi, musica) perché accedono a file system tra le nuvole e a servizi in streaming, allora immaginare un iPad Pro come modo per andare avanti ha molto senso.
E l’iPad Pro diventa uno strumento che si collega anche a monitor esterni, non solo con AirPort ma anche con Usb-C. Che accetta connessioni a periferiche esterne (dischi SSD, schede grafiche esterne, chissà cos’altro) e che permette di avere un tipo di vita e connessione differente. Anche se difficilmente avrà un chip Thunderbolt (perché li fa Intel, mentre quel che c’è sugli iPad lo fanno altri, sulla base delle specifiche Apple), l’idea che lo strumento di lavoro di domani, anzi di stasera, sia veramente un moderno iPad Pro che si connette con o senza fili a un ecosistema di periferiche e strumenti, è intrigante.
Ma, lo dicevamo poco sopra, c’è anche un’altra possibilità. Finora abbiamo immaginato sempre che sarebbe stato il Mac a diventare iOS aggiungendo un processore Arm Ax che permette di far funzionare il sistema operativo macOS e aggiunge anche le capacità iOS incluse app e schermo touch. Ma se fosse il contrario?
Se l’ibrido che tanti ventilano, in modalità “morbida” e non aggressiva come il cane a due teste di Microsoft (mezzo Windows-Start Menu e mezzo rettangoloni colorati stile Windows Phone), non fosse un MacBook Air R con schermo touch, ma fosse un’altra cosa? Un iPad Pro che si connette come un Mac e fa girare programmi e cose del mondo Mac? Chissà, magari esageriamo, ma l’idea che ci si avvicini all’obiettivo dalla strada meno ovvia fa tanto Apple. Se ancora Apple fosse quella di una volta, intendiamoci.