Non c’è stata un’attenzione così forte per le tavolette dai tempi in cui Mose scese dalla montagna. Era il titolo ad effetto, straordinario, del New York Times. Un titolo che riassume lo spirito dei tempi: tant’è vero che due anni fa, precisamente il 27 gennaio 2010, Steve Jobs lo utilizzò durante una storica conferenza delle sue, in cui venne presentato l’iPad. Ebbene sì, sono appena passati due anni da quando è stato presentato l’iPad. Venne commercializzato pochi mesi dopo (il venerdì di Pasqua del 2010, che cadeva il 3 aprile) e fu subito successo. Ma già la presentazione creò una sensazione unica. Si parlava di uno strumento che appariva come un gigantesco iPhone (ci fu chi lo definì “l’iPhone dei Nav’i”, con riferimento ai giganti azzurri del film Avatar di James Cameron) si diceva che era stato completamente sbagliato, che non aveva porte USB, che non riusciva addirittura a stare in equilibrio su un piano per via del fondo bombato. L’iPad.
A pensarci oggi, sembra passato un secolo. Invece sono ventiquattro mesi dalla presentazione, diciotto o poco più dalla commercializzazione. Apple aveva iniziato a lavorare sull’iPad parecchio tempo prima. Solo che, mentre venivano definite le specifiche, venne più comodo fare l’iPhone. Che fu lanciato nel gennaio del 2007 e commercializzato a luglio di quell’anno. Anche qui, cinque anni. Sembra invece una vita: tutto è cambiato nel frattempo. Se l’effetto distruttivo di una nuova tecnologia e di un nuovo modello di business teorizzato da Schumpeter deve essere provato, ebbene l’iPad è probabilmente la pistola fumante da usare in sede di verifica. Ha cambiato radicalmente la faccia dell’informatica. Ha distrutto un paradigma, quello delle interfacce a finestre con icone mouse tendine e puntatore, che la stessa Apple aveva costruito commercialmente a partire dal 1984. E ne ha creato un altro.
Steve Jobs parlava di “post-PC device”, di apparecchi post-PC. Si trattava di prendere il largo da un mercato in cui dominava Microsoft con Windows e dove non c’era più da innovare realmente. Non a caso Microsoft ha continuato a parlare di fantascientifiche versioni di Windows basate su giganteschi schermi appesi al muro davanti ai quali si può gesticolare e toccare. Certo, le tecnologie ci sono e funzionano. Kinect della Xbox, prima ancora che la Wii di Nintendo. E i controlli vocali come SIRI di iPhone 4S. Ci sono mille modi per farlo. Però c’è una sola tavoletta capace di trasformare la nostra relazione quotidiana, normale, con la tecnologia informatica. Di esporre il contenuto, che ci permette di lavorare in mobilità, di divertirci, di passare il tempo senza perdere tempo a manipolare interfacce complicate. Con iPad si naviga, si guarda la posta, si gioca, si usano le app. Ne sono stati venduti 300mila nel primo giorno di commercializzazione, oggi sono 40 milioni. E hanno cambiato la faccia del mercato. Perché anche se c’è la rincorsa dei tablet di Android, e più di recente di quelli “personalizzati” da Amazon come Kindle Fire e in futuro quelli con Windows 8 (e sono già “caduti” sia quelli Blackberry di RIM che quelli webOS di Palm-HP), l’iPad adesso domina.
In meno di un mese, cioè in 28 giorni, Apple ha venduto il primo milione di iPad, due milioni in meno di 60 giorni, tre milioni in 80 giorni. E, quando a marzo del 2011 è arrivato l’iPad 2 con un processore potenziato e un profilo più sottile del 33%, è stato veramente il delirio. Non c’è produttore di app che non ne abbia realizzate per iPad. E oggi, prima con Edicola (arrivata con iOS 5.0) e poi con iBooks 2 e iBooks Author, iPad va all’attacco della stampa e dell’editoria in maniera seria. Mentre mette anche una grande ipoteca sul mondo dell’educazione grazie a quella cosa straordinaria e potentissima che è la app di iTunes U.
Tutto in esattamente due anni. Non è incredibile?