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La più importante novità dell’aggiornamento a iOS 10.3 è “sotto il cofano”: gli utenti che usano iPhone e iPad non si accorgeranno di nulla ma c’è un cambiamento rivoluzionario nella gestione interna dei file, un nuovo filesystem denominato APFS (acronimo di “Apple File System”). Degli aspetti tecnici, di che cos’è un filesystem e dell’importanza di questo nuovo “sistema di gestione dei file” abbiamo parlato estesamente in questo articolo; di seguito sintetizziamo gli elementi più importanti. L’APFS è stato presentato nel corso della Worldwide Developers Conference (WWDC) del 2016, spiegando che sostituirà HFS+, il filesystem che da anni viene usato su Mac, iPhone, iPad, Apple Watch, Apple TV.
La developer preview di macOS Sierra, la versione preliminare del sistema operativo che ricevono gli sviluppatori, è stata la prima sulla quale il nuovo filesystem era gestibile ma solo via Terminale. Il Mac non usa ancora questo filesystem per default ma le Apple TV di ultima generazione (con l’ultima versione di tvOS 10.2) e dispositivi con iOS, sono quelli che già da ora funzionano con questo filesystem.
L’APFS non è altro che un’evoluzione dell’HFS+ (filesystem che ormai ha 30 anni) con novità quali la cifratura di serie, ottimizzazioni per le unità flash e SSD, meccanismi di protezione contro la perdita dei dati, il supporto avanzato a tecnologie quali TRIM e simili, e altro ancora. Tra i vantaggi che Apple spiega avere il nuovo filesystem, ci sono il supporto a “forti tecnologie di cifratura”, il supporto copy-on-write dei metadati, allo space sharing, al cloning di file e cartelle, agli snapshot, al sizing delle directory, primitive di salvataggio sicuro automatico, migliorie fondamentali nella gestione complessiva del filesystem.
Sono tutte cose molto tecniche ma che consentiranno di gestire con maggiore efficienza unità di memorizzazione moderne. Quando è nato l’HFS esistevano solo i dischi fissi (e le capacità di memorizzazione alle quali sono arrivati oggi, all’epoca non erano neanche immaginabili). I filesystem di nuova generazione sono in grado di tenere conto di specificità di unità non meccaniche, peculiarità che i vecchi HDD non avevano. Gli HDD utilizzano dischi magnetici rotanti, una tecnologia in uso fin dalla metà degli anni ’50. Con questo metodo, la lettura e la scrittura dei dati viene eseguita sui piatti o i dischi rotanti, mediante una serie di testine mobili.
Gli HDD sono dispositivi meccanici composti da numerose parti mobili e pertanto sono maggiormente soggetti a guasti meccanici e malfunzionamenti determinati da fattori ambientali, come basse o alte temperature, urti e vibrazioni. Nelle unità SSD, i piatti e le testine sono sostituiti da chip di memoria simili alle comuni schede di memoria USB, SD e CompactFlash. Le unità SSD non hanno alcun componente mobile e ciò evita le latenze di rotazione normalmente associate ai tradizionali dischi meccanici (HDD). Con gli SSD non sono più presenti problemi come quello della frammentazione e questi integrano anche tecnologie come ad esempio il livellamento che permette di massimizzare la durata delle memorie utilizzate. Nuovi filesystem sono in grado di tenere conto di queste peculairità, delle memorie utilizzate e garantire una migliore gestione complessiva delle unità.
Nei prossimi mesi (probabilmente in concomitanza della WWDC17 di giugno) dovremmo capire meglio alcune intenzioni di Apple a proposito dell’APFS sul Mac. Sarà il filesystem di default dei Mac con le future versioni di macOS? Al momento su Mac ci sono alcune limitazioni: dischi e unità varie sono inizializzabili in questo formato solo da Terminale, i dischi con il nuovo filesystem non sono utilizzabili come dischi di avvio (qualcuno però, lavorando con Terminale, è riuscito a convertire il disco di avvio e usare il Mac senza problemi), non è possibile cifrare le unità APFS con FileVault, non si possono usare con dischi Fusion Drive e le unità APFS non sono compatibili con Time Machine.