È come qualche romanzo di fantascienza. Arriva il robot che fa tutto lui, e inganna gli uomini, per poi un giorno dominarli. Solo che in realtà la vita è una cosa differente e quel che succede non solo è diverso, ma merita molta attenzione. A partire dal fatto che i robot non c’entrano niente.
Qui stiamo parlando di intelligenza artificiale, algoritmi, che riescono a fare quel che i programmatori gli dicono di fare. In questo caso mettere assieme un ampio numero di frasi, parole e stilemi per arrivare a produrre un racconto. Che un critico ha giudicato “un po’ debole nella caratterizzazione dei personaggi” ma buono abbastanza comunque per conquistare il secondo posto a un premio letterario giapponese.
Il racconto si chiama “Konpyuta ga shosetsu wo kaku hi” in giapponese, “Il giorno che un computer scrisse un racconto”. L’approccio letterario “meta” non è bastato ma quasi: il terzo Nikkei Hoshi Shinichi Literary Award poteva quasi vedere un computer vincere. Formalmente il racconto è stato scritto dal team della IA, guidato da Hitoshi Matsubara della giapponese Future University Hakodate. In pratica, il lavoro tosto l’ha fatto un processore.
Perché è importante? Perchè dopo le due rivoluzioni industriali dell’800 e quella del 900, la meccanizzazione ha sempre più teso a sostituire i lavori manuali, anche se non l’ha mai fatto completamente. Oggi il computer però comincia in maniera esplicita non solo a ridurre ma anche a sostituire i lavori di concetto. Scrittori, giornalisti (perché no) ma anche medici, avvocati, architetti, ingegneri, docenti. Sono tantissimi i lavori che le intelligenze artificiali sostituiranno nei prossimi dieci anni, facendo loro la maggior parte del lavoro. E vincendo anche i concorsi letterari certamente, fino a che non avremo intelligenze artificiali che scrivono romanzi per altre intelligenze artificiali.