Il silicio, un simbolo dei semiconduttori, il sinonimo quasi di processore, potrebbe andare in pensione con la prossima generazione di chip di Intel. È l’azienda di Santa Clara a farlo sapere pubblicamente, nel corso della conferenza ISSCC,
Parlando della prossima generazione (e delle prossime generazioni) di CPU, ha fatto sapere di avere allo studio il passaggio alla circuiteria da 7 nanometri, un passaggio particolarmente importante per il quale il produttore di CPU prevede l’abbandono del silicio per nuovi materiali quali ad esempio arseniuro di indio-gallio e il fosfuro di indio. Il silicio, infatti, sta per raggiungere limiti fisici che gli impediranno di mantenere valida la cosiddetta Legge di Moore (le prestazioni dei processori, e il numero di transistor a esse relativi, raddoppiano ogni 18 mesi). Ricercatori del MIT hanno già da tempo dimostrato che i canali di arseniuro di indio sono migliori di quelli in silicio.
Prima di allora, però, Intel deve gestire l’ultima generazione di processori nota come Broadwell, che sfrutta processo di produzione a 14 nm, tecnologia che permette di migliorare le prestazioni e ridurre la dispersione di corrente. La tecnologia a 14 nm offre scalabilità dimensionale dai 22 nm. Le “alette” dei transistor sono più alte, più sottili e più ravvicinate, consentendo di conseguenza maggiore densità; i transistor richiedono un numero inferiore di alette migliorando ulteriormente la densità, e la superficie della cella SRAM è quasi la metà di quella a 22 nm.
Sfruttare procedimenti a 14nm è stato più problematico del previsto, motivo del mancato arrivo sul mercato di alcuni prodotti attesi da mesi. Ora Intel afferma di avere imparato dai suoi errori, ed è fiduciosa nei futuri processi produttivi e sta lavorando ai 10nm, tecnologie che dovrebbero permettere di abbassare ancora i consumi e che dovrebbero essere l’ultimo passaggio i fatto di miniaturizzazione della circuiteria, prima, appunto, del passaggio ai 7 nanometri.