Con oltre 1 miliardo e 400 milioni di abitanti, l’India è lo stato più popoloso del mondo e non meraviglia la presenza di un numero elevatissimo di influencer, celebrità che hanno acquisito o sviluppato la loro fama e il proprio personaggio pubblico attraverso Internet, “vip” che il governo indiano vorrebbe identificare alla stregua di cronisti e teleoperatori digitali.
A riferirlo è il sito RestofWorld.org spiegando che una proposta di legge prevede non solo l’obbligo per i social media creator di registrare la loro attività ma anche la creazione di una commissione di valutazione che avrebbe il compito di verificare i contenuti prima della loro pubblicazione, oltre a offrire la possibilità di presentare reclami (a carico degli influencer). Eventuali inadempienze o il mancato rispetto di conformità porterebbero ad accuse penali, compresa la detenzione.
A fine luglio l’Hindustan Times ha riferito che il governo intende modificare esistenti norme che riguardano attività televisive e di radiodiffusione, definendo “digital news broadcaster” qualsiasi persona che diffonde notizie e programmi di attualità mediante giornali online, portali di news, siti web, social media e media simili nell’ambito di attività sistematiche, professionali o commerciali. La proposta di legge mira a combinare varie normative per i broadcaster in un’unica legge.
Creator e attivisti dei diritti digitali ritengono che la potenziale normativa permetterà di inasprire il controllo del governo sui contenuti online, una scelta vista come una minaccia per la stampa libera. Centinaia di creator indiani hanno sottoscritto una lettera inviata al governo chiedendo maggiore trasparenza nel processo di redazione del disegno di legge. I creator hanno intanto inondato i social di hashtag quali #KillTheBill e creato filmati per illustrare ai follower i presunti pericoli della proposta di legge.
Uno YouTuber indiano ha riferito che se il governo lo obbligherà a nominare una persona come “ufficiale di riparazione di torti” (“grievance redressal officer”), sarà costretto a filmare sé stesso per rispondere a eventuali rimostranze, e per assurdo contenuti anche in caso di contestazioni.