Ci sono due tipi di apparecchi che un recensore può testare: quelli che non vede l’ora di rimettere nella scatola e rispedire all’azienda che li spedisce per la prova, e quelli che invece vorrebbe non se ne dovessero andare mai.
La Leica M11 appartiene a questa seconda categoria e l’unica cosa che impedisce di piazzare l’ordine di acquisto per un modello personale mentre il corriere si porta via quella utilizzata per il test (e che rientra in azienda) è ovviamente il prezzo: Leica M11 costa 8.490 euro solo corpo, e l’abbiamo provata con un obiettivo obiettivo Elmarit-M 28mm f/2.8 asferico da 2.300 euro per un totale di 10.790 euro.
Di cosa parliamo quando parliamo di Leica M
La storia della casa tedesca produttrice di macchine fotografiche di alto e altissimo livello è molto lunga e altrettanto ricca e complicata. Intanto perché l’azienda è quella che ha letteralmente inventato il formato “full frame” che poi nel mondo della pellicola sarebbe il “piccolo formato” (contrapposto al medio formato del film 120 e al grande formato delle lastre).
Leica per la fotografia analogica ha realizzato una serie di capolavori sia nel settore dei corpi macchina, prima con le terze e poi con la M, che in quello degli obiettivi. Questi ultimi, spesso trascurati dai recensori, sono dei veri e propri capolavori. Ci concentriamo sul Sistema M e quindi su obiettivi di un certo tipo: diaframmi e messa a fuoco manuale, riconoscimento digitale della lunghezza focale da parte del corpo macchina (una codifica a quattro “bit” sulla baionetta), vetri delle lenti costruiti con fusioni proprietarie e lavorati in maniera tale da portare vantaggi continui con un potere risolvente superiore alla totalità delle fotocamere full frame.
Tanto che oggi non solo sono sempre compatibili con le M11 tutti gli obiettivi prodotti da Leica per la serie M e, previo adattatore, per la serie con attacco a vite (le Leica terza o Barnack), praticamente senza problemi a parte un’unica eccezione: il mitico Summicron 50mm f/2 dual range, che ha uno spostamento della parte più interna della lente troppo arretrato e che va a “colpire” il telaio del sensore. Ma è l’unica lente non completamente compatibile in 90 e più anni di storia.
Gli obiettivi di oggi, quelli apocromatici per intenderci, hanno un potere risolvente tale che hanno permesso a Leica di realizzare sensori con una risoluzione molto elevata (ci arriviamo tra un attimo) senza perdere niente nella parte che gestisce l’entrata della luce.
Storia di M
Abbiamo imbracciato per un paio di settimane, grazie a Leica Italia, una M11 in prova. Modello con calotta nera, connessione Usb-C, WiFi e Bluetooth, forma e peso praticamente uguali a quelle della bisnonna del 1954, la leggendaria M3: 139 per 38,5 per 80 mm con un peso di poco più di mezzo chilo inclusa la batteria.
Un rapidissimo recap: quando è nata la M3 era l’evoluzione della Leica inventata da Oskar Barnack con aggancio a vite. La Leica Barnack o terza o a vite era molto compatta e ha fatto la storia della street photography. Un vero gioiello della tecnica. Nel dopoguerra Leica decise di superare le limitazioni (come il doppio mirino: uno a traguardo e l’altro a telemetro) e realizzare un prodotto ancora più ricco e complesso ma un po’ più grande.
Nasceva la M3 e nasceva una rivoluzione della fotografia che è rimasta invariata sino alla M7 e poi si è cominciato a digitalizzare dalla M8 (Aps-C) e successive (tutte full frame). Le M sono diventate a loro volta un’icona di stile e design. Nel corso del XX secolo infatti la fotografia è stato lo strumento principale per raccontare gli eventi grandi e piccoli, e Leica ha giocato un ruolo fondamentale.
La M11 è più che una evoluzione del modello precedente, Leica M10-R, macchina con sensore potenziato ma che è, come indica anche il nome, una evoluzione tecnologica della precedente M10 (qui abbiamo recensito il modello M10 Monochrom, la “regina delle ombre”).
Le caratteristiche di M11
A parte la “diversità” rispetto a una reflex o a una mirrorless tradizionale, la M11 è una macchina a telemetro che introduce alcune novità rispetto alle sue sorelle maggiori.
Intanto, la produzione artigianale. La macchina ha qualche migliaio di piccolissime componenti meccaniche, materiali di pregio, calotta e scocca in metallo leggero, profilo sottile, nuovo fondello (con batteria integrata), nuova tropicalizzazione e soprattutto nuovo processore: un Cmos BSI proprietario, progettato in Europa apposta per Leica e ottimizzato per i suoi obiettivi, con tre risoluzioni diverse (18, 36 e 60 megapixel) e utilizza una tecnica particolare di pixel binning mutuata dal mondo degli smartphone per cambiare risoluzione senza compressione o perdita di dati.
Il processore Maestro III, anch’esso proprietario e Made in Europe, è l’altra metà della parte elettronica della macchina.
Avere a disposizione il processore con tre differenti risoluzioni è una cosa che cambia il gioco. Si può scegliere se fare foto “pesanti” per scatti panoramici o ritratti, oppure come base per crop dentro il corpo macchina, cosa che rende possibile usare un obiettivo ad esempio 28mm e ritagliare le immagini senza distorsione per avere scatti equivalenti a 35mm o 50mm con una limitata perdita di risoluzione. Lo zoom diventa 1.3x o 1,8x.
Usare la risoluzione più leggera, 18 megapixel, presenta invece altri tre vantaggi: permette di gestire file più leggeri (come fossero jpg ma sono dng perfetti per la connessione con lo smartphone), avere buffer e raffiche infinite e poi di usare obiettivi vintage pre-apocromatico perché la risoluzione del sensore non supera il potere di risolvenza dell’obiettivo arcaico (le foto non sembrano “morbide”).
Infine, da notare gli ISO: da quello base reale a 64, che è un valore molto basso e con pochissimo rumore, a quell da 50mila con una gamma dinamica notevole e un livello di amplificazione del sensore più che sopportabile.
A parte gli obiettivi arcaici, abbiamo scelto questa risoluzione per una serie di vantaggi che vedremo tra un attimo.
In viaggio con la Leica
Abbiamo girato un po’, complice il caldo, per vedere come si comportava questa macchina che, diciamolo subito, nonostante sia molto più ingombrante di uno smartphone o di una “piccola” come ad esempio l’ottima Ricoh GRIIIx, è comunque portabilissima. Con un obiettivo solo sempre montato scompare nello zainetto o in una borsa adeguata, ma può stare al collo anche senza problemi.
Si entra e si esce dagli aeroporti in un attimo, si può camminare tutto il giorno con la macchina al collo o sulla spalla, e la batteria copre una giornata di scatti (ma non molto di più, anche perché è più piccola da quella della precedente M10 e M10-R).
La fotocamera ha settaggi manuali che si possono configurare anche a corpo spento: tutte le ghiere sono segnate e permettono di cambiare ISO, tempi e, sull’obiettivo, apertura e messa a fuoco. Inoltre, Leica ha lavorato molto al miglioramento della app Leica Fotos che adesso è tornata per fortuna gratuita e permette di fare davvero molto.
Leica Fotos
La versione che avevamo di Fotos era ancora la beta ma già perfettamente funzionante. L’integrazione è semplice e rapidissima, permette di passare le foto all’iPhone o all’iPad e poi da questo ai social o al rullino di Foto. La gestione dei file raw nel formato standard DNG (che non richiede driver particolari) è istantanea e in generale abbiamo lavorato molto bene.
L’app è stata fondamentale anche perché la Leica M11 ha una memoria interna da 64 GB oltre a uno slot per microSD. Avevamo pensato inizialmente di usare la memoria interna come backup della microSD ma poi abbiamo fatto una scelta più radicale. Abbiamo lavorato solo con la memoria interna, passando poi la sera le foto sul tablet e ripulendola per il giorno dopo.
Non abbiamo avuto nessun problema e la M11 si è rivelata anche da questo punto di vista una fantastica macchina da viaggio. La presa Usb-C, per la prima volta presente su una M, permette sia il passaggio dati (utile se ci sono tante foto da 60 Megapixel su grandi microSD e non le si vuole estrarre) ma anche di utilizzare un solo caricabatterie con due cavetti (o uno solo se non avete bisogno di quello Lightning dell’iPhone, comunque la presa è Usb-C sugli alimentatori di Apple).
Il risultato è una riscoperta del minimalismo, ancora una volta.
Conclusioni
Viaggiare con la Leica M in generale è sempre una esperienza. Occorre sapere come si scatta con questa tecnologia a telemetro tutta meccanica (anche gli ISO, che preferiamo fermare e gestire con un piccolo guadagno +/- sulla ghiera interna). Non avevamo un aggiuntivo digitale per fare da mirino elettronico (Leica ne vende uno molto costoso e non molto popolare) e non abbiamo praticamente mai usato il display, cosa peraltro che fa aumentare in maniera sensibile l’autonomia delle batterie.
Girare con la Leica a “bollino rosso coperto” nonostante tutto continua ad attirare l’attenzione di qualche vecchio appassionato di fotografia che indaga se la macchina scatti a pellicola o in digitale.
Le tecniche di scatto come l’iperfocale sono impagabili, e la macchina è estremamente silenziosa e rapida. Il nuovo fondello modificato (praticamente il primo grande cambiamento rispetto al design anni Cinquanta) è comunque pratico, una volta capita la doppia pressione necessaria per estrarre la batteria. Non usiamo il treppiede quindi la sua utilità è limitata ma comunque funziona meglio.
Cosa ci è piaciuto e cosa no
La macchina ha un sensore prodigioso, con gamma incredibile e ISO base molto basso. La M11 è un carroarmato, il software è super minimalista e se volete passare al sistema M (o aggiornare da una M precedente alla 10-R) questa è la vostra macchina perfetta.
Non ci piace il fatto che non c’è ancora la stabilizzazione dell’immagine e che questo tipo di macchina sia davvero troppo complessa, costosa ed esigente per essere adottata da tanti fotografi che invece potrebbero usarla per scattare foto meravigliose: dai reportage ai matrimoni sino ai paesaggi e ai ritratti Leica M11 è imbattibile, anche se chi compra Sony o Fuji o Nikon o Canon non se lo vuole sentir dire.
Giudizio finale
Voto 9/10