Proseguono i guai per Facebook: finita nel mirino per l’abuso delle informazioni di oltre 50 milioni di utenti da parte della società Cambridge Analytica, una nuova tegola sulla testa di Mark Zuckerberg arriva da un memo datata 18 giugno 2016 firmato dal vice presidente di Facebook, Andrew “Boz” Bosworth. La nota era stata diffusa il giorno dopo che un uomo di Chicago era stato ucciso in diretta su Facebook Live, l’applicazione dello streaming di Facebook.
Nella nota interna, ottenuta da Buzzfeed, il dirigente scriveva «Noi mettiamo in connessione le persone. Ecco perché tutto ciò che facciamo per la nostra crescita è giustificato». Cosa intendesse Bosworth è presto detto: “Questo potrebbe essere qualcosa di spiacevole se qualcuno ha cattive intenzioni. A qualcuno potrebbe costare la vita se magari vittima di bullismo […] Forse qualcuno potrebbe morire in un attacco terroristico coordinato sui nostri strumenti…”.
Per i dirigenti del social, tutto ciò che serve alla loro missione (“connettere le persone”) è lecito, incluse le “discutibili pratiche di importazione dei contatti”, il “sottile lavoro di linguaggio che aiuta a essere sempre ricercabili”, tutto ciò che consente di portare più comunicazione all’interno della piattaforma. Nulla conta quanto conta la crescita del social.
Sentito da BuzzFeed News a proposito delle parole di uno dei suoi collaboratori più fidati, Zuckerberg ha respinto questa linea di comportamento «Non abbiamo mai creduto che il fine giustifichi i mezzi». E ancora «Riconosciamo che il collegamento di persone non è abbastanza di per sé. Dobbiamo anche lavorare per avvicinare le persone». Dopo la pubblicazione del memo, il manager di Facebook si è giustificato spiegando di non ricoscere più quanto scritto allora. «Non condivido quanto ho scritto allora e non ero d’accordo nemmeno quando lo scrissi», afferma Bosworth spiegando che lo scopo del memo era portare l’azienda a discutere questioni che meritavano una discussione interna.
Zuckerberg ha spiegato che «Boz è un leader di talento, che dice cose provocatorie. In questo caso, molte persone, me compreso, si trovavano profondamente in disaccordo con quanto detto. Non abbiamo mai creduto che il fine giustifichi i mezzi. Ci rendiamo conto che connettere persone di per sé non è sufficiente. Dobbiamo anche lavorare per rendere le persone l’una vicina all’altra. Abbiamo cambiato l’intera missione e il focus dell’azienda per riflettere questo [cambiamento, ndr] lo scorso anno».