Il Roskomnadzor (Servizio federale per la supervisione delle comunicazioni, della tecnologia dell’informazione e dei mass media), l’agenzia federale che si occupa di monitorare e controllare l’accesso ai mass media in Russia, ha bloccato l’accesso all’app Viber, l’ultimo di una serie di blocchi contro servizi messi al bando dalle autorità russe.
Il Roskomnadzor riferisce che il blocco in questione è stato messo in atto in relazione alla violazione di norme in materia per la prevenzione di terrorismo, estremismo e narcotraffico.
Hiroshi Mikitani, fondatore e CEO di Rakuten Group (la società giapponese che controlla Viber dopo l’acquisizione della startup nel 2014 per 900 milioni di dollari) reclamizza l’app di messaggistica come utile per combattere la propaganda russa. “A differenza di altri social media, abbiamo spiegato chiaramente che blocchiamo tutte le fake news e la propaganda russa”, aveva dichiarato lo scorso anno a Reuters.
Viber è disponibile per dispositivi mobili (qui per iPhone e qui per Android) o computer desktop, è un’applicazione VoIP di messaggistica istantanea, con funzionalità simili a quelle offerte da WhatsApp e Telegram, e non ha bisogno di SIM per loggarsi (si può chattare anche senza avere il telefono a portata di mano).
È supportato il trasferimento rapido delle chiamate tra dispositivi, è possibile inviare messaggi ed effettuare chiamate audio e video con la crittografia end-to-end (le conversazioni sono sicure), gestire chat di gruppo, impostare messaggi a scomparsa, iscriversi a canali, sfruttare chatbot AI, creare note e promemoria, condividere sticker e GIF, ecc. È anche possibile condividere lo schermo da desktop durante le videochiamate.
Sono molte non solo le piattaforme bloccate in Russia, ma anche social e siti di media stranieri, così come vari servizi VPN, quelli che permettevano di aggirare il blocco dell’accesso “a contenuti illegali”, scelta secondo Mosca necessaria per mettere al riparo gli utenti dalla disinformazione.