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In ripresa la produzione italiana di automobili

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L’industria automobilistica globale ha registrato un fatturato di 2,56 trilioni di dollari nel 2023, rappresentando il 7% del PIL dell’UE.

L’Italia, dopo una forte flessione nella produzione (-61,9% tra il 2000 e il 2023) è oggi in ripresa: il 2023 registra +15% vs 2022. La chiave per la crescita del settore: puntare su elettrico, componentistica e lotta alla contraffazione.

I dati sopra riportati emergono dal report di Rome Business School “Il futuro dell’automotive. Produzione, sostenibilità e lotta alla contraffazione” (qui i dettagli in un documento PDF) a cura di Francesco Baldi, Docente dell’International Master in Finance di Rome Business School, Massimiliano Parco, Economista, Centro Europa Ricerche e Valerio Mancini, Direttore del Centro di Ricerca Divulgativo di Rome Business School.

L’Italia nel panorama europeo

A fine 2023 l’Italia era ultima per produzione di autovetture tra i quattro maggiori produttori in Europa: 540 mila autovetture, contro i 4,1 milioni in Germania, gli 1,9 milioni in Spagna, e 1 milione in Francia (ANFIA).

Tra le potenze europee, sono state Italia e Francia a registrare la riduzione maggiormente nella produzione di automobili tra il 2000 e il 2023, rispettivamente -61,9% e -63,2%. Anche Germania (-19,8%) e Spagna (-19,4%) riscontrano flessioni nel comparto produttivo, ma in misura minore. Nonostante la quota di mercato italiana sia scesa dal 3,5% del 2000 a poco meno dello 0,8% a fine 2023, l’Italia è oggi in debole ripresa, registrando un +15% nel 2023 vs 2022.

“Profonda è stata la riduzione in termini produttivi del settore automotive. Tuttavia, l’Italia gode da sempre di una classe operaia altamente specializzata nella produzione di automobili e di designer di fama mondiale. La reputazione delle case automobilistiche italiane è infatti uno dei punti di forza del settore”, afferma Francesco Baldi.

In ripresa la produzione italiana di automobili

La ripresa italiana post pandemica

Nel 2021, le 2.329 imprese produttrici di autoveicoli, rimorchi e semirimorchi operanti in Italia hanno generato un fatturato pari a 68,5 miliardi di euro, +12,7% rispetto all’anno pandemico 2020 e +4,8% rispetto al 2019.

L’85% di questo fatturato deriva dalle grandi imprese, nonostante in termini numerici esse pesino solamente il 4% del comparto (93 unità su 2.329). Non solo, anche se nel loro insieme le imprese produttrici di veicoli nel 2021 rappresentano solo lo 0,6% del settore manifatturiero italiano, hanno generato ben il 6,4% dei ricavi dell’intera manifattura italiana. Baldi evidenzia che “Il settore automotive italiano è caratterizzato dall’elevata frammentazione delle imprese: tante microimprese (fino a 9 addetti) che dominano numericamente (aumentate del 28,7% nel 2008-2021), ma che contribuiscono modestamente alla crescita del fatturato (solo l’1% del totale). Gran parte del fatturato del settore (85%) è infatti generato dalle grandi imprese (con 250 e più addetti), pur rappresentando esse solo il 4% del comparto (93 su 2.329).” Analizzando il numero di occupati invece, tra il 2019 e il 2021 si è ridotto di 4.349 unità rispetto al 2020 e di 333 unità rispetto al 2019, in totale 168.581 le unità.

Infine, studiando in un arco temporale più ampio, 2008-2021, le imprese del settore automotive italiano risultano aumentate del 3,1% passando dalle 2.260 del 2008 alle 2.329 unità nel 2021, registrando un aumento di fatturato del +7,3% rispetto il 2008. In merito ai salari del settore, lo stipendio per occupato è incrementato del 27%, e passa da 26.629€ a 33.816€.

In ripresa la produzione italiana di automobili

La circolazione di automobili in Italia

Per quanto riguarda il parco di automobili circolante in Italia nel 2022, la provincia di Roma registra il maggior numero di auto, con oltre 2,7 milioni di automobili. Seguono la provincia di Napoli e di Milano con poco più di 1,8 milioni di automobili. Anche la provincia di Torino registra un’elevata presenza di auto (1,4 milioni), mentre le province di Catania, Brescia e Firenze detengono un numero di automobili superiore alle 800 mila unità. Le province di Aosta, Trento e Bolzano si caratterizzano, invece, per il maggior numero di automobili per abitante. Ciò a causa della loro bassa concentrazione demografica.

In ripresa la produzione italiana di automobili

Il futuro dell’automotive in termini di industria e occupazione

Negli ultimi anni, l’automotive sta attraversando importanti trasformazioni generate soprattutto da una maggiore sensibilità verso l’ambientale, progressi tecnologici e un’evoluzione nelle preferenze dei consumatori, che condurrà a una sempre maggiore richiesta di auto elettriche. Per Boston Consulting Group (2023), se nel 2020 circa l’80% dei veicoli prodotti in Europa era esclusivamente alimentato da ICE, questa quota scenderà a meno del 5% nel 2030. Entro quell’anno, la quota di BEV sarà di circa il 59%, l’11% i PHEV (ibridi con ricarica esterna) e 25% i veicoli ibridi (HEV).

La componentistica in Italia e la lotta alla contraffazione

L’Italia vanta una solida tradizione nel settore della componentistica automobilistica, con numerose aziende specializzate: sono oltre 2200 le aziende attive con sede legale in Italia, impiegano circa 200.000 persone e generano un fatturato annuo di oltre 40 miliardi di euro (ANFIA, 2023). Dopo la ripresa osservata nel 2021, con una variazione ampiamente positiva dei ricavi e una tenuta del numero di addetti, nel 2022 è proseguita la dinamica di crescita del fatturato, seppur in termini più contenuti (+9,0%), accompagnata da una sostanziale stabilità a livello occupazionale (+0,5%).

Tra le diverse componenti del settore, quelle più performanti sono ricerca e sviluppo (+17,4%), specialisti del motorsport (+14,5%), subfornitori, in particolare quelli delle lavorazioni (+14,2%); molto inferiori i segmenti sistemisti e modulisti (+3,9%). A livello regionale invece, il Piemonte è il territorio con il maggior numero di imprese operanti nel comparto della componentistica (il 33,6%), a cui seguono Lombardia (il 26,9%) ed Emilia-Romagna (il 10,6%) che, nel complesso, coprono più del 70% del totale. Nel Nord Est si distingue il Veneto (l’8,9%), nel Centro Italia la Toscana (il 3,1%), infine nel Mezzogiorno (isole comprese) la Campania (il 3,4%). Nello specifico, alle imprese con sede in Piemonte è riconducibile il 34% circa sia del fatturato, sia degli addetti del settore.

Sempre più preoccupanti i numeri della contraffazione in ambito componentistica. L’impatto economico globale complessivo della contraffazione e della pirateria nel settore automotive ha raggiunto infatti la cifra record di 2,3 trilioni di dollari nel il 2022. “L’impatto di queste sfide non è solo economico, ma influisce anche sulla sicurezza, sull’integrità del marchio e sulla stabilità complessiva di quest’industria” afferma Valerio Mancini. In Italia, l’Agenzia delle Accise, Dogane e Monopoli, nella sua attività di contrasto all’illecito, ha sequestrato nel 2021 – complessivamente tra autoveicoli, ciclomotori e le loro parti accessorie – oltre 36 mila pezzi contraffatti, con un incremento rispetto all’anno precedente di circa il 300% (ADM, 2022).

I prossimi passi del settore in Italia

Guardando al futuro, “L’industria automobilistica italiana si trova in una fase cruciale di trasformazione, in cui sostenibilità, innovazione tecnologica, flessibilità produttiva, ricerca e sviluppo e lotta alla contraffazione giocano un ruolo centrale. Le prospettive future offrono opportunità significative per rafforzare la leadership dell’Italia nel settore, orientata alla sostenibilità e al mantenimento degli standard qualitativi che contraddistinguono l’industria automobilistica italiana a livello globale”, afferma Valerio Mancini. La conversione alla produzione di automobili elettriche ed ibride e la sfida per la produzione di quelle ad idrogeno rappresenteranno ulteriori opportunità per il futuro di un settore estremamente importante per l’industria del Bel Pease.

Sempre maggiore dovrà essere infatti l’attenziona all’ambiente. Il settore dei trasporti stradali è, infatti, uno dei pochi che nel ventunesimo secolo ha segnato un incremento delle emissioni, congiuntamente al settore residenziale e a quello dello smaltimento dei rifiuti. Per Massimiliano Parco, “È sicuramente in questi tre settori che si dovrà concentrare l’attenzione per arrivare al raggiungimento entro il 2030 della riduzione delle emissioni climalteranti pari al 55% ed entro il 2050 allo “zero netto” di emissioni (neutralità carbonica) in linea con l’European green deal”.

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