Gli utenti Facebook si sentiranno da oggi meno sicuri a postare in forma anonima (possibilità offerta se in un gruppo gli amministratori consentono di pubblicare questo tipo di post).
La Corte dell’Aia (Paesi Bassi) ha stabilito che Meta deve rivelare l’identità di un utente anonimo accusato di diffamazione, un uomo che avrebbe manipolato e registrato di nascosto conversazioni e incontri con una donna con cui si incontrava.
L’utente anonimo ha pubblicato testi indicati come diffamatori su due gruppi nei quali si discute di esperienze nell’ambito di incontri; la parte ricorrente non poteva accedere direttamente al gruppo ma ha avuto modo di vedere schermate postate su due gruppi terzi, uno dei quali vanta circa 2600 persone e un secondo con 61.000 iscritti. La parte ricorrente afferma che la sua reputazione è stata lesa dai ripetuti post, con tanto di foto ed esempi di testi scambiati tra i due, dettagli pubblicati dall’uomo oggetto di denuncia.
La ricorrente si è rivolta a Meta per cercare di far rimuovere i post diffamatori ma Meta ha risposto (qui i dettagli) che “il contenuto segnalato non può essere con certezza considerato diffamatorio”. Meta ha suggerito di alla parte ricorrente di mettersi in contatto con l’utente anonimo per risolvere la questione, indicazione che portato all’azione legale contro Meta.
Inizialmente la richiesta della parte ricorrente era di obbligare Meta a cancellare il post, identificare l’utente anonimo e segnalare altri post in gruppi privati nei quali potevano esserci riferimenti alla sua persona. Meta ha cercato di difendere la libertà di espressione dell’utente anonimo ma la Corte ha stabilito che la ricorrente, deve avere la possibilità di contestare quanto indicato nei post diffamatori. Per questo e altri motivi, la Corte ha stabilito che Meta deve indicare informazioni di base su utenti anonimi appartenenti ai gruppi, compreso il nome utente, email, numeri di telefono e altre indicazioni associate all’account Facebook. Non è stato ad ogni modo ordinata la rimozione dei post.
Meta ha accettato di conformarsi a quanto disposto e se non fornirà dettagli che consentiranno di identificare l’utente anonimo, rischia 1200$ di multa al giorno (la multa massima che rischia è di 130.000$).
I tentativi di difesa di Meta della libertà di parola dell’utente anonimo sono falliti, e la Corte ha sottolineato che la libertà di espressione non può essere considerata illimitata, stabilendo inoltre che il contenuto non avrebbe necessariamente dovuto essere illecito affinché a Facebook fosse ordinato di identificare l’utente che lo ha postato.