Più di 140 moderatori di contenuti che lavorano per Facebook soffrono di gravi forme di disturbi da stress post-traumatico, forti sofferenze psicologiche dovute alla continua visione di contenuti da moderare sul social, inclusi elementi quali foto e video di omicidi, suicidi, abusi sessuali su minori e atti terroristici.
Lo riferisce The Guardian spiegando che i moderatori in questione lavorano 10 ore al giorno in una struttura che si trova in Kenya per conto di una società alla quale è stato affidato il compito dal social media. Stando a quanto riferisce il Dr Ian Kanyanya, a capo dei servizi di salute mentale del Kenyatta National hospital di Nairobi, tutti questi moderatori soffrono di disturbi post-traumatici da stress (PTSD), disturbi di ansia generalizzati (GAD) e disturbi depressivi maggiori (MDD).
Queste diagnosi sono citate in una denuncia contro Meta (l’azienda che controlla Facebook) e Samasource Kenya, la società di outsourcing che si occupa della moderazione dei contenuti per conto di Meta impiegando lavoratori provenienti da tutta l’Africa.
Tra le immagini e i video che queste persone sono costrette a esaminare vi sono esempi di necrofilia e altre depravazioni, atti di autolesionismo e altri ancora che fanno stare male i moderatori, al punto da segnalare casi di vomito, svenimenti e spaventi da far fuggire dalle scrivanie le persone. Storie del genere mettono in luce le conseguenze provocate sulle persone che si trovano a svolgere un lavoro delicato ma fondamentale, sempre più richiesto con il boom di social di tutti i tipi, soprattutto da quando anche nelle zone più povere del mondo i social sono sempre più popolari.
Nell’azione legale si sostiene che almeno 40 moderatori sono stati portati all’abuso di sostanze, a separazioni, alla disconnessione dalle loro famiglie; altri lamentano paura di essere perseguitati dai gruppi terroristici che hanno monitorato. Nonostante siano pagati otto volte meno rispetto ai loro omologhi statunitensi, i moderatori in questione lavorano sotto stretta sorveglianza, in condizioni molto precarie in strutture tipo depositi.
Meta afferma che le paghe in Kenya sono superiori rispetto a quelle del settore in questo mercato, sottolieando di offrire assistenza psicologica, formazione, supporto 24 ore su 24 con la possibilità di accedere a servizi di assistenza sanitaria privata.