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In Giappone nuove indagini antitrust su Google

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In Giappone l’autorità nazionale di regolamentazione della concorrenza sta indagando su Alphabet – la società madre di Google – per sospetta violazione della locale legislazione antimonopolistica.

Le indagini da parte della Commissione giapponese per la concorrenza leale riguardano due ambiti: un approfondimento per capire se Google ha condiviso risultati delle entrate pubblicitarie con produttori di dispositivi Android facendo in modo che questi ultimi non proponessero sistemi di ricerca alternativi, e analisi per comprendere se ai servizi di Google è stata data priorità rispetto ad altri sui dispositivi Android.

“Google è sospettata di escludere attività commerciali di suoi competitor o limitare attività commerciali di sue controparti”, si legge in un comunicato della Japan Fair Trade Commission.

Nell’ambito delle indagini, l’autorità di regolamentazione ha chiesto alle terze parti interessate di presentare i loro pareri entro il 22 novembre.

In risposta alle indagini da parte dell’autorità di regolamentazione nazionale, Google ha ribadito che Android è una piattaforma open-source. “La sua apertura e flessibilità garantisce sempre agli utenti la possibilità di personalizzare i dispositivi in base alle loro necessità, incluse le modalità con le quali navigano e cercano su internet, o scaricano le app”, ha dichiarato Big G.

“Abbiamo continuato a lavorare a stretto contatto con le agenzie governative per dimostrare come sosteniamo l’ecosistema Android e l’ampliamento delle scelte dell’utente in Giappone. Continueremo a collaborare con il governo e i partner del settore in questo processo”.

Google

Google sta affrontando indagini antitrust in varie parti del mondo; nell’UE sta cercando di ribaltare la condanna al pagamento di 2,4 miliardi di euro inflitta dalla Commissione europea nel 2017 per abuso di posizione dominante nel servizio di comparazione dei prezzi (Google Shopping). Sempre in Europa, Google è stata condannata a pagare 4,1 miliardi per avere sfruttato il sistema operativo Android per consolidare la propria posizione di predominio nel segmento delle ricerche online e della pubblicità.

Negli Stati Uniti è intanto in corso la causa giudiziaria che vede il dito puntato da parte del Dipartimento di Giustizia USA per abuso di posizione dominante nell’ecosistema dei motori di ricerca, pratiche commerciali scorrette (che prevedono, tra l’altro, anche il pagamento di Apple per imporre Google come motore di ricerca predefinito) anche che avrebbe fagocitato il mercato dei motori di ricerca, “imponendo” quello di Big G come predefinito a scapito di DuckDuckGo, Bing, Yahoo e altri.

Il CEO di Microsoft, Satya Nadella, nell’ambito della sua testimonianza al processo ha affermato che l’accordo tra Apple e Alphabet per impostare Google come motore di ricerca di default nei vari dispositivi della Mela, rende impossibile competere per Bing.

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