Secondo una indagine durata circa due anni, Apple potrebbe aver violato le norme antitrust in Giappone, costringendo gli operatori di telefonia a vendere iPhone con uno sconto apparente, per poi recuperare il prezzo dei terminali di Cupertino tramite canoni mensili di abbonamento più elevati.
Secondo quanto riportato da Reuters, Apple avrebbe richiesto a tre vettori di ridurre il costo iniziale di iPhone al di sotto di quello degli smartphone di punta concorrenti, con un rincaro di prezzo sui canoni mensili per compensare la differenza. Questo modello di vendita è stato anche comunemente utilizzato in altri paesi, tra cui gli Stati Uniti e il Regno Unito ma non solo.
Secondo la Fair Trade Commission (FTC), la divisione Apple giapponese aveva costretto NTT Docomo, KDDI e SoftBank ad offrire sussidi per vendere iPhone a un prezzo scontato. Inoltre, la stessa commissione riporta che Apple avrebbe richiesto le eccedenze di vecchi iPhone per poter essere venduti al di fuori del Giappone, limitando la disponibilità di modelli più vecchi e costringendo i consumatori ad acquistare quelli più recenti.
Le autorità giapponesi riferiscono, inoltre, che le pressioni fatte ad Apple per porre fine alle sue presunte pratiche anticoncorrenziali potrebbero aver colto nel segno: Apple avrebbe accettato di rivedere i suoi contratti con i vettori. Ai consumatori, dunque, sarà offerta la possibilità di pagare il prezzo di listino completo, con spese mensili inferiori, oppure pagare un prezzo scontato, con canoni mensili più elevati.
Considerando l’importanza del marchio, Apple affronta regolarmente indagini e azioni legali per questioni legate all’antitrust. All’inizio di quest’anno, la sua acquisizione di Shazam ha portato a una indagine europea, mentre l’azienda ha recentemente chiesto alla Corte Suprema di respingere una causa intentata contro il colosso, accusato di monopolizzare il mercato delle applicazioni.