BYD Auto, produttore cinese di automobili, sta rapidamente guadagnando quote di mercato in Australia, con le vendite aumentate del 65% lo scorso anno; quasi una vettura elettrica su quattro nello Stato dell’Oceania è di questo brand, secondo quanto riferisce David Smitherman, CEO di EVDirect (distributore australiano di BYD).
Un terzo dei veicoli elettrici venduti in Australia è cinese. Il Paese in questione non ha brand domestici da proteggere in questo settore, e rispetto a quanto visto negli USA non ci sono divieti e dazi imposti sui veicoli importati dalla Cina.
Non ci sono dazi sulle vetture cinesi ma l’importazione e vendita è complicata perché l’Australia fa parte dei “Five Eyes”, alleanza di sorveglianza che comprende Australia, Canada, Nuova Zelanda, Regno Unito e Stati Uniti, paesi che hanno siglato un trattato di cooperazione congiunta in materia di intelligence.

Gli Stati Uniti hanno imposto una stretta sui veicoli importati, paventando rischi legati a software e hardware cinesi necessari al funzionamento dei veicoli connessi, ma gli australiani non sembrano preoccupati e alcuni ricordano lo scetticismo che in modo simile circolava negli anni ’80 in merito alle auto giapponesi o sudcoreane. Un distributore locale assicura che le auto non inviano dati in Cina. “I dati sono memorizzati in Australia e stiamo rispettando tutte le leggi e normative sulla privacy”; altri insistono sui presunti pericoli di hardware e software cinesi, affermando che Australia, Stati Uniti e altri alleati dovrebbero pensare a un approccio comune per tenere fuori le tecnologie cinesi da settori critici, incluso il settore automotive, ma anche dalle infrastrutture, dall’assistenza sanitaria e dai servizi pubblici.
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