Una nuova Leica Q3, fotocamera dell’azienda tedesca con una nuova focale fissa: anziché il consueto Summilux 28mm f/1.7, arriva un 43mm f/2 APO.
Tutta un’altra macchina? Per capirlo, oltre a vedere se davvero questa indiscrezione di fine estate che proviene dal solitamente affidabile Leica Rumors, abbia senso, dobbiamo però prima capire la filosofia di Q e perché una variante “normale” ha senso e confermerebbe la nostra idea, che scrivemmo nella recensione della Q3 di un anno fa: forse la migliore compatta di sempre.
La storia di Q
Qui in redazione la Leica Q, giunta alla sua terza generazione e con la versione “Monochrom” cioè con sensore in bianco e nero, è considerata un capolavoro.
La compatta full frame con ottica fissa 28mm Summilux f/1.7 è un vero prodigio. Fa tutto e lo fa molto bene. L’abbondanza di pixel nel generoso sensore da 40 mp con ottimizzazione dei pixel e la straordinaria ottica Summilux permette di gestire luminosità e risoluzione, ma anche di lavorare direttamente in camera con dei crop fino a 50mm senza problemi.
Nel tempo abbiamo potuto provare vari modelli, seguendo l’evoluzione di questa “macchina” che si pone come alternativa complementare alle due altre full frame dell’azienda tedesca: la storica serie M con telemetro (anche Monochrom) e la serie SL2, mirrorless con una impostazione sempre innovativa ma più tradizionale.
Nella ideale matrice delle full-frame di casa Leica, quindi, c’è l’evoluzione per i professionisti (SL2), l’evoluzione per gli appassionati e cultori del reportage (M) e l’evoluzione del “muletto” con cui fare tutto e che va bene per tutti.
La possibile Q3 “normale”
Secondo le indiscrezioni Leica è al lavoro per presentare una variante della Q3 con un obiettivo diverso, con focale che una volta veniva definita “normale” perché ricalcava la visione degli esseri umani. Qualcosa tra i 40mm e i 50mm.
Se anche non fosse vero quanto sostiene Leica Rumors (che però di solito ci azzecca) l’idea di una Leica Q3 Summicron f/2 da 43mm sarebbe comunque da fare. Non diversamente da Ricoh, che ha dato nuova vita alla sua GRIII (anch’essa compatta ma molto più piccola, con sensore APS-C e focale da 28mm f/2.8) introducendo una variante GRIIIx con obiettivo da 40mm, la possibilità di scegliere tra le due diverse focali fisse “copre” tutto il mercato.
Tra il grandangolo e il tele
Chi vuole il grandangolo, che andava molto di moda negli anni Settanta quando arrivano i primi fish-eye e le prime focali molto aperte, e che è tornato di moda e soprattutto nel gusto delle persone negli ultimi dieci anni grazie agli smartphone che hanno tendenzialmente un obiettivo grandangolare (l’unico possibile per fare selfie o foto di gruppo in ambienti ristretti).
Poi c’è chi vuole il tele, perché ama fare foto di cose lontane o stringere sui particolari. Obiettivi che nel full frame sarebbero dei 90mm e più spesso dei 75mm in realtà sono ideali anche per fare i ritratti: rimettono le parti del viso a posto e restituiscono una versione “migliore” del soggetto. Però da vicino fanno poco, a meno che non siano predisposti per lavorare come macro (con una formula delle lenti dell’obiettivo studiata per la messa a fuoco molto ravvicinata).
Tra queste due dimensioni c’è la riscoperta del “normale”. Un obiettivo che “apre” ma non troppo, e mantiene le proprozioni giuste. Attenzione, però, perché di polemiche sul “normale” ce ne sono state tante e le forzature sono ancora di più.
C’è normale e normale
Nel tempo i fotografi che sognano di avere un unico obiettivo sulla propria fotocamera si sono divisi tra i cultori del 35mm e quelli del 50mm. Sono due focali appartenemente “vicine” (tanto che avere questi due obiettivi a focale fissa per il proprio kit denota o una grande disponibilità o una certa indecisione).
La guerra tra 35mm e 50mm
Il 35mm “vede” un po’ di più della vista di una persona normovedente. Serve per avere un po’ di spazi di riserva, giocare un po’ con i bordi e poi tagliare delicatamente e in finezza. Invece il 50mm è un obiettivo deciso, duro, leggermente “lungo” rispetto al nostro occhio, ma che ha il vantaggio di essere molto facile da fabbricare in versioni “luminose” tanto che venne nel tempo adottato anche come obiettivo fisso per tanti apparecchi compatti. E comunque il “cinquantino” economico è la prima lente a focale fissa quella preferita da tutti i fotografi che si approcciano a questo settore.
Il problema è che nessuno dei due obiettivi “vede” come vediamo noi. Secondo gli ottici la nostra vista ha un angolo visivo più simile a 40-45mm equivalente nel rapporto altezza-larghezza del full frame. Non a caso nel tempo ci sono stati produttori sia di obiettivi e fotocamere analogiche e digitali che hanno realizzato straordinarie combinazioni legate ai 40mm di valore.
Ne vengono in mente due: la storica supercompatta a pellicola di Rolleiflex chiamata “Rollei 35” (aveva una luminosità di f/3.5) con un mitico boiettivo Tessar 40mm di Zeiss, prodotta dal 1966 fino agli anni Duemila. E lo spettacolare obiettivo di Panasonic Lumix G F/1.7 per il micro 4/3, un 20mm che corrispondeva in realtà un 40 millimetri aggiustandolo al mezzo formato. Un obiettivo del 2009 considerato ancora oggi semplicemente spettacolare.
La scelta del 43mm
Andare a scegliere un sensore che “vede” come l’occhio umano permette di fare molte cose. Intanto, tirare al massimo la resa di una fotografia senza forzarla come fosse un crop di un grandangolo (che alla Q3 riesce in maniera eccellente peraltro) e al tempo stesso trovando un obiettivo che non si sovrappone al 28mm come invece avrebbe fatto un aggiustamento a 35mm.
L’idea insimma è che, come ha fatto Ricoh, i due modelli di Q3 possano coesistere e si tratti solo di una scelta che deve fare il fotografo per capire se vuole un obiettivo più aperto o più stretto.