Otto anni addietro una donna statunitense ha perso l’uso della parola a causa della sclerosi laterale amiotrofica (SLA), malattia degenerativa del sistema nervoso che comporta, tra le altre conseguenze, la perdita progressiva e irreversibile della normale capacità di deglutizione (disfagia), dell’articolazione della parola (disartria) e del controllo dei muscoli scheletrici.
La donna è ancora in grado di produrre alcuni suoni vocali ma le parole pronunciate sono diventate con il passare del tempo sempre meno comprensibili, obbligandola a fare affidamento a un iPad per comunicare. La donna ha volontariamente accettato di sperimentare un impianto cerebrale ed è ora in grado di comunicare velocemente frasi (riprodotte su uno schermo) quali “la casa in cui abito non è mia” oppure “è un periodo complicato” con una velocità che si avvicina al normale parlato.
È quanto riferisce MIT Technology Review evidenziando una ricerca pubblicata dal sito bioRxiv da un team di ricercatori della Stanford University. Lo studio non è stato ancora sottoposto a revisione formale ma gli scienziati riferiscono che la paziente, indicata nei documenti con il nominativo “soggetto T12”, ha superato ogni record precedente registrato con altri impianti cerebrali, riuscendo a pronunciare 62 parole al minuto, numero tre volte superiore ad altri sistemi.
Le persone che non hanno problemi nella capacità di articolare le parole in maniera normale, riescono tipicamente a pronunciare 160 parole al minuto e anche nell’era in cui tutti sono più o meno bravi a scrivere velocemente sulla tastiera, usare emoji, abbreviazioni e altri sistemi di scrittura, il discorso parlato rimane sempre il mezzo più veloce di comunicazione tra gli esseri umani.
Le interfacce cervello-computer per comunicare prevedono tipicamente impianti con chip che consentono di r registrare l’attività cerebrale da impiantire nella regione della corteccia motoria, quella che controlla i movimenti delle mani e delle braccia. I ricercatori hanno individuato un metodo per registrare l’attività neuronale, imparato come trasformare gli impulso elettrico in determinata lettere, mettendo in fila caratteri diversi, parole e frasi intere.
“Decodificando” i segnali neurali in tempo reale permette di riprodurre su uno schermo le parole come se fossero pronunciate con la sua reale voce dalla paziente. Gli scienziati hanno fatto affidamento a tecniche di machine learning, imparando come trasformare ciascun impulso elettrico in lettere, parole e frasi, velocizzando il tutto anche tenendo conto di pattern tipici nelle frasi, prevedendo la probabilità di indicare alcune cose anziché altre.