È arrivato l’iMac 24 M1. Il nuovo computer di Apple presentato all’evento di aprile “Spring Loaded” che chiude un cerchio iniziato quasi un quarto di secolo fa con il primo iMac G3, computer piccolo, intrigante, pensato per portare l’interattività e poi internet in casa di tutti (e c’è riuscito, in un certo senso) che si “staccava” rispetto al mondo informatico dell’epoca non soltanto per il fattore di forma, cioè il design (un tutto-in-uno costruito attorno allo schermo a tubo catodico), quanto per l’innovatività dei colori e delle plastiche scelte.
In un mondo di box beige, di torri color bianco sporco, l’iMac ha portato una ventata di colore, di novità, di innovazione. Non dimentichiamo infatti che l’iMac G3 era infatti dotato di serie di lettore (e in alcuni casi masterizzatore) CD-Dvd, di porte Usb e di Airport, cioè il WiFi. Rivoluzionario all’epoca e fondamentale, così comela decisione di non mettere un floppy disk, che venticinque anni fa invece era ancora standard su tutti i computer fissi e moltissimi portatili.
L’iMac 24 M1 è invece un prodotto finalmente nuovo da parte di Apple, per tutto: processore, design, concezione, rapporto con l’ambiente e con l’economia circolare. Anziché prendere un vecchio design e metterci il nuovo processore, adesso Apple comincia a mostrare cosa può fare davvero. E a quanto pare è tanta roba. Ma bando alle ciance: ecco il nuovo computer tutto-in-uno di Apple, che ci ha stupito fin dal principio. In questa prima parte vediamo l’unboxing, nella seconda entreremo nel dettaglio del funzionamento.
Arriva l’iMac 24 M1
La prima cosa che si nota quando arriva il nuovo iMac è la scatola. Grande, perché deve comunque contenere un tutto-in-uno che ha il fattore di forma di un iMac 21,5 (grazie alle cornici molto ritagliate, lo schermo è più grande ma la scocca è comunque piccola) con gli accessori. Il prodotto che abbiamo scelto è l’alto di gamma, cioè la versione base (M1 8/8 core con 8 GB di Ram e 256 GB di SSD) dotato però di tastiera Magic Keyboard con sensore Touch ID.
La confezione di cartone bianco è elegante, si apre in maniera intuitiva, ha una chicca che non ci aspettavamo, cioè la maniglia oltre alla foto del computer dello stesso colore dell’apparecchio scelto. Nel nostro caso giallo. La maniglia, così come la struttura della scatola, è pensata per avere un packaging che inquini il meno possibile: niente plastica o schiume per fare da ammortizzatore meccanico al computer (da proteggere soprattutto nella parte più fragile, cioè lo schermo) e invece un insieme di pareti di cartoncino ritagliate a soffietto per fare da ammortizzatore. Un sistema intelligente che non avevamo mai visto in nessun altro computer portatile.
Apple qui dimostra di aver aperto un nuovo ciclo. L’azienda ha lavorato negli ultimi quindici anni per riformare completamente il modo con il quale si pensano, si realizzano, si imballano, si spediscono, si usano e si riciclano i computer. La scatola ne è un esempio. Non avevamo mai visto una tale attenzioen al packaging e un tale sforzo per dire: abbiamo tolto altra plastica dal mondo grazie a questa confezione. Adesso, con alluminio riciclato che verrà usato nella scocca e con componenti che verranno riusate dopo la “morte” o fine vita di questi nuovi apparecchi, Apple dimostra veramente di aver lavorato per la creazione di una forma di economia circolare nella quale si può continuare a produrre azzerando l’impatto ambientale o rendendolo quantomeno sostenibile.
Dentro la scatola
Tolto dalla confezione, eliminata la protezione fisica (la sottile pellicola che viene messa in fabbrica e il foglio di carta adesiva messo a protezione dello schermo con scritto “Hello”) arriva il momento di spacchettare e mettere sul tavolo tutti i pezzi. Che sono sorprendentemente pochi.
Dentro la scatola infatti troviamo, oltre al computer, l’alimentatore, che è connesso con un cavo colorato dello stesso colore dell’iMac, e che è dotato di presa Ethernet (quello nelle versioni di base non ce l’ha), la tastiera, mouse e trackpad tutti e tre dello stesso colore giallo nelle parti di metallo, e infine un cavetto Usb-C a Lightning, che serve per ricaricare i suddetti accessori, e che è anch’esso coperto da un tessuto in tinta, giallo.
L’impatto del design
Installare la parte fisica del computer è un velocissimo esercizio di minimalismo, però consente di apprezzare al meglio l’aspetto “fisico” di questo iMac. La nuova staffa con angoli più netti e la forma a T rovesciata (ma non simmetrica), la leggerezza complessiva dell’apparecchio (4,5 Kg), lo spessore limitatissimo, tanto che il minijack audio è stato sistemati di lato perché lo spinotto è più lungo degli 11,5 millimetri di profondità del computer. Il “mento” in cui, come si vede dalle radiografie mostrate da Apple stessa (noi non ci azzardiamo a smontare questo computer, che Apple non permette di aprire e che non ha alcuna parte aggiornabile), ampio e senza logo frontale.
Interessante ma sicuramente divisiva per gusto di molti è la cornice sottile ma bianca, che corre tutto attorno al monitor e che è stata pensata per alleggerire il contrasto rispetto alle pareti tendenzialmente bianche delle case. È un piccolo dettaglio che rivela l’obiettivo lifestyle dietro alla progettazione di questo computer. che non piacerà probabilmente agli smanettoni alla ricerca di un computer “tosto”, “Pro”. Non è la vocazione di questo computer, nonostante il processore sia lo stesso del MacBook Pro, del Mac mini e del MacBook Air. È un computer entry-level, non ci stancheremo di ripeterlo sino a che non vedremo il processore M1x/M2 e allora potremo capire quanto sia effettivamente grande il distacco rispetto agli M1.
Cosa ci dice il nuovi iMac24 M1
Terminato lo spacchettamento del muovo computer, e messo in bolla sopra il tavolo dove siederà per il futuro, appare evidente che qui siamo di fronte a un lavoro notevole da parte di Apple per ripensare e semplificare completamente il computer da scrivabnia più popolare della sua serie. Questo è un nuovo computer, il primo costruito attorno al processore M1. Lo spessore, il peso, la forma stessa, sono tutte dettate dalla matita dei designer da un lato e dalla mancanza di vincoli che c’erano precedentemente con le componenti (soprattutto la scheda madre e il processore Intel) che avevano termiche e bisogno di raffreddamento molto diversi.
Apple ha lavorato per innovare e lo ha fatto dentro oltre che fuori, come si è intravisto durante la presentazione del computer e come si vede adesso, avendolo tra le mani. Il “mento” può piacere o no, è una scelta estetica fatta per dare una profondità e mobilità d’uso a un computer che comunque viene toccato (per orientarlo, per mettere periferiche, per accenderlo) e che non avrebbe potuto ancora essere solo tutto schermo. Ma il “mento”, la parte bassa senza più logo, è anche un esercizio di stile per mantenere un family feeling nelle forme del computer che da due decenni conosciamo molto bene.
Conclusione prima parte
L’iMac 24 M1 ci piace moltissimo. Le scelte sono quelle lifestyle, quelle di un pensiero nuovo per ridefinire un progetto di computer e dargli una forma che consente di andare ulteriormente avanti, verso un modo diverso di concepire e usare il computer a casa, in negozio, in ufficio. L’iMac 24 M1 non è un computer da appendere al muro con uno gancio Vesa (per quanto sia possibile, ma deve essere richiesto al momento dell’ordine oppure si può fare dopo presso un negozio autorizzato o di Apple stessa, perché la procedura è alquanto complicata) ma da tenere orgogliosamente nel mezzo, di tre quarti, di lato. È un Mac molto bello, uno dei più belli fatti sinora, che utilizza modalità di produzione nuove e curate fino nel dettaglio.
Il modello che abbiamo preso è giallo, ma ci sono vari altri colori (il viola dicono sia bellissimo) e dal punto di vista dell’industrial design questo è uno sforzo enorme, pensato per comunicare il bello e non per massimizzare gli introiti, perché il livello di costo è altissimo quando si cura così nel dettaglio il colore e il suo coordinamento. Per dire: al momento dell’accensione il sistema operativo mostra icone dell’iMac in tinta con la scocca, così per lo sfondo della scrivania, ma così anche per le periferiche di input (vedremo poi tastiera, mouse e trackpad) e così anche per la maniglia in tessuto riciclabile con cui si prende la scatola, oltre alle immagini stampate sopra la stessa.
Tutto questo è frutto di un pensiero nuovo e più strutturato. Apple ha fatto un altro salto in avanti, che tocchiamo con mano per la prima volta adesso ma di cui vedremo il significato nei prossimi mesi. Tim Cook ha scelto di cominciare la transizione ad Apple Silicon introducendo il processore M1 su scocche tradizionali (MacBook Pro, Air, Mac mini e anche iPad Pro) in modo tale che si potesse capire per bene di cosa è capace il primo processore per computer tradizionali pensato a Cupertino. Invece, adesso comincia ad accelerare introducendo anche fattori di forma e lavorazioni ripensate, ridisegnate, reimmaginate, costruite attorno allo spazio di manovra lasciato da M1 e anche ai recenti investimenti in politiche ambientali.
Nella seconda parte vi parliamo delle prime esperienze d’uso… seguiteci.
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