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Il problema di Windows Vista

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Quello che si legge solitamente è ambiguo. Windows Vista è buono o no? Sta andando bene o no? Ci sono due motivi per cui a queste semplici domande le risposte non sono chiare e univoche.

La prima è la gigantesca macchina per le relazioni pubbliche di Microsoft. Dal cuore dell’impero di Bill Gates a Redmond sino all’ultima periferia visitata di quando in quando dai suoi fidi tribuni, come l’Italia vista da Steve Ballmer non più tardi di un mese fa, giusto prima di ricevere letteralmente uova in faccia in Bulgaria, il mantra è stato ripetuto da tutti: Vista è perfetto, Vista è un successo, Vista va benissimo. E ripetere anche la più straordinaria fandonia sistematicamente e a suon di milioni di euro di pubblicità  e promozioni alla fine – come dimostra ad esempio la politica – paga sempre.

Il secondo motivo è che bisogna anche chiarirsi su cosa vuol dire “buono” o “cattivo”, successo o insuccesso. Se siamo convinti che per andare male Vista avrebbe dovuto non vendere neanche una copia, allora chiaramente è andato più che bene, come peraltro lasciano intendere le relazioni pubbliche di Microsoft e la pletora di società  di mercenari della comunicazione assoldati per fare blog, comunicati stampa, coccolare giornalisti, comprare pagine di pubblicità  e in buona sostanza convincere tutti fra una tartina e l’altra che va tutto bene.
Peccato che non sia così: Microsoft avrebbe venduto alcune decine di milioni di “scatole” e preinstallati anche se avesse lanciato una nuova versione in bianco e nero dell’Ms-Dos, anziché un sistema operativo costato una montagna di miliardi di dollari, sette anni di lavoro e sostanzialmente pieno di errori di progettazione e di esecuzione.

Perché Vista è un insuccesso con i controfiocchi, un caso di scuola che – non appena il polverone di centinaia di milioni di dollari che Microsoft ci sta spendendo per farlo sembrare un successone si sarà  diradato – verrà  studiato nelle scuole di management. Un classico caso di insuccesso. La prova sarà , quando verrà  presentata la prossima versione di Windows fra forse tre anni, che allora i manager (e lo stesso Gates) diranno chiaramente che “il nuovo Windows è una figata, non come il tiepido successo di Vista”.

Vista è pieno di difetti, incompatibilità  e problemi vari. La gente è stufa e il numero di copie vendute, sostanzialmente uguali a quelle del lancio di Xp, è imbarazzante perché dimostra nella migliore delle ipotesi che Microsoft non è in grado di crescere, nella peggiore che ha completamente sbagliato tecnologie e strategia di mercato. Ma non c’è da stupirsi visto che Microsoft è il peggior nemico di se stessa. Cultura aziendale sbagliata, decine di decine di manager inutili e spesso non competenti se non nel modo per fare carriera aziendale, scelte tecnologie frutto di clamorosi errori e compromessi devastanti tra “anime” diverse, mancanza di leadership, incapacità  di giocare pulito al di fuori dei mercati in cui l’azienda ha un sostanziale monopolio (vedere le sentenze UE per capire cosa vuol dire per i sistemi operativi, i pacchetti per la produttività  e per i browser di navigazione), eccesso di complicazione interna con una risposta demenziale ai problemi (“Vista va finito prima? Mettiamo altri cinquemila ingegneri a lavorarci sopra!”) e soprattutto la mancanza di una visione.

Non prendete per buoni i discorsi che ogni tanto Bill Gates fa, annunciando televisori nei muri e schermi da sfiorare mentre si gioca con i figli: la visione del guru Bill Gates è non solo vecchia, ma anche malamente scopiazzata da quello che al Mit e in altri centri di ricerca più di venti anni fa era stato pensato ed ipotizzato. Bill Gates è “vecchio” e la sua azienda incapace di produrre innovazione. Il che non vuol dire che però non sia capace di andare avanti producendo opportunità  commerciali per chi voglia diventarne partner e sviluppare tecnologie proprietarie all’interno della cerchia di tecnologie proprietarie di Microsoft. La grande lotta all’open source prosegue senza tregua – con qualche “finta” tattica di accordi – perché il “tumore”, come lo ha definito Steve Ballmer, è sostanzialmente opposto al modello di affari di Microsoft. Grassare i clienti, siano aziende o privati, imponendo il software chiuso e una cerchia di compari che sviluppano e mantengono i loro prodotti altrettanto chiusi. Una concezione anni Settanta del valore del software rispetto all’hardware di cui Vista è il figlio degenere, frutto di trent’anni di incesti e con un patrimonio genetico tecnicamente corrotto al limite della patologia.

Come farà  Microsoft ad uscire da questa Caporetto digitale? àˆ troppo grande per crollare finanziariamente e politicamente troppo potente per non avere presa sul mercato. àˆ riuscita a tenere in scacco l’antitrust americano che avrebbe potuto dividerla, neutralizzando le tre aree sensibili (Windows, Office, Explorer) oppure lei stessa avrebbe potuto cominciare a competere sulla base dell’innovazione. La speranza di Microsoft è che crollino i suoi avversari, vista la quantità  di soldi in casa che le consentono di andare avanti anche quando perde montagne di denaro (è il caso ad esempio della prima Xbox e poi di Xbox 360) e la perversa attitudine a lanciare annunci di prodotti inesistenti solo per fare lo sgambetto alla concorrenza.

Microsoft non uscirà  dalla sua Caporetto digitale, a meno che non arrivi un altro “gorilla” altrettanto grosso che imponga un cambiamento di paradigma. L’open source non è stato assolutamente in grado e Google non è ancora un competitor sufficientemente strutturato e solido per poterlo fare. Il futuro di Microsoft è semplicemente un lento declino, l’aumento della burocrazia e della cattiveria aziendale intesa come desiderio di preservare se stessa anziché migliorare la vita per i suoi clienti. Un futuro grigio e decadente, che fa rimpiangere la fiducia di milioni e milioni di persone che ogni giorno sono imprigionate dentro le maglie delle sue tecnologie, impossibilitate a vivere un mondo tecnologicamente migliore per chissà  quanto tempo ancora.

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