Nel 1957 un ricercatore americano, James Vicary, sostenne di aver fatto salire la fame di pop-corn e la sete di Coca Cola semplicemente mostrando tra un fotogramma e l’altro di una pellicola cinematografica l’immagine dei due prodotti agli spettatori. Era iniziata l’era della ricerca sulle immagini (e le pubblicità ) subliminali. Peraltro, vietate in televisione e al cinema.
Ma le ricerche sono andate avanti, si è indagato su come reagisce l’essere umano quando viene “esposto” ad immagini di vario genere e per quanto a lungo deve proseguire l’esposizione per raggiungere effetti significativi. La ricerca della Duke University americana e della University of Waterloo in Canada è giunta a un punto di arrivo interessante.
I ricercatori sono partiti da un lavoro del 2006 portato avanti da scienziati olandesi, i quali sostenevano che esporre al brand di una azienda conosciuta ha effetti analoghi all’esposizione alle immagini del bene stesso. Cioè, il consumatore che conosce la “qualità ” distintiva del brand se lo vede per centesimi di secondo lo registra a livello inconscio e viene stimolato nelle associazioni più profonde della mente. Più o meno.
Per rendere più appetibile anche alla stampa internazionale la ricerca, gli scienziati hanno lavorato con i loghi di Apple ed Ibm. Entrambi hanno profonda visibilità e profonde associazioni nella mente di moltissimi consumatori. Il risultato è riassunto così: «Se viene mostrato ad una persona il logo di Ibm e poi viene messo davanti a un mattone, questo pensa “Se solo me ne dessero un altro di mattone, potrei cominciare a costruire qualcosa”. Invece, se il logo è quello di Apple, il pensiero è più creativo e vengono alla mente del soggetto miriadi di possibilità di uso del mattone in questione». Gli esempi sono divertenti: “à un iPhone briccato (in inglese, brick vuol dire mattone e in gergo il verbo è un neologismo che vuol dire rendere inutile un apparecchio elettronico come un oggetto animato), magari potrei usarlo per bloccare una porta oppure per rompere il monopolio di Microsoft, oppure se cucinato a dovere potrebbe diventare un piatto gustoso e ricco di minerali”…
Al di là degli scherzi, la ricerca che ha coinvolto 341 studenti dell’università ha mostrato come l’esposizione subliminale ai brand porti in qualche maniera con sé un effetto legato alla percezione della marca. Nel caso specifico, quello di Apple è un brand particolarmente creativo, innovativo e stimolante, mentre quello di Ibm è più noioso e istituzionale.
In questo video (link al segnalibro: è necessario QuickTime), i ricercatori della Duke University mostrano in che modo è stata realizzata la loro ricerca e quali sono le conseguenze deducibili da quanto osservato. La ricerca olandese da cui hanno preso il via gli scienziati americani e canadesi è intitolato Beyond Vicary’s fantasies: The impact of subliminal priming and brand choice [Pdf], mentre una delle considerazioni dei ricercatori è inquietante.
Infatit, notano, per quanto riguarda la pubblicità televisiva le persone sono solitamente “difese” (sanno cioè che si trovano davanti a degli spot di réclame), in ogni caso mostrare troppo velocemente e per poco tempo le immagini dei loghi ha lo stesso effetti subliminali, cioè sotto la soglia della coscienza. In questo senso, il consiglio è di stimolare i regolatori a fare una più pregnante normativa in questo settore.