L’iPod è un successo, in Giappone, ma non di dimensioni analoghe al resto del mondo. Occupa infatti “solo” il 50% del mercato, contro le percentuali bulgare nel resto del pianeta. Non male, intendiamoci, per un posto dove risiedono tutti i principali produttori di elettronica di consumo e dove la tecnologia portatile ha la sua storia più antica. Ma forse non abbastanza.
Apple è un “lifestyle brand” in Giappone, e il suo principale negozio di Tokyo ha sede a Ginza, il quartiere dello shopping di lusso, e non ad Akihabara, quello della tecnologia. Come Sony, del resto. Eppure, s’interroga BusinessWeek, forse la presenza dell’iPhone non sarà così bene accetta come ci si potrebbe immaginare.
Da tempo si parla della corte che Steve Jobs starebbe facendo al colosso della telefonia mobile, Ntt nella sua versione “senza fili” DoCoMo, il più grande operatore di quel paese e il singolo più grande operatore per numero di utenze in un singolo paese al mondo. Addirittura, viaggi notturni per raggiungere il boss dell’azienda e convincerlo della bontà dell’offerta. Apple ha una tradizione di relazioni con le aziende giapponesi, il rapporto con Sony (avversario nel settore dei computer portatili ma alleato per tecnologie video e con un presidente che è stato ospite sul palco del Moscone Center due anni fa durante il rituale keynote di Steve Jobs)) e lo stesso Jobs apprezza profondamente la cultura nipponica, anche se forse non tanto quanto l’amico Larry Ellison. Eppure.
Eppure ci si chiede: un iPhone 3G, basato sullo standard Umts (che è disponibile tramite Ntt in Giappone, mentre lo standard Gsm non è presente e la fanno da padrone invece i formati radio proprietari di quel paese) riuscirà a solleticare le curiosità e il desiderio di acquisto dei giapponesi?
Non è una domanda banale, perché se il Giappone non è un mercato “esplosivo” come la Cina, dove si rischia di avere un miliardo di nuove utenze in cinque anni, o l’India, dove stanno raddoppiando gli utenti della telefonia mobile anno dopo anno, ha pur sempre un potenziale da non sottovalutare. Ci sono ben 98 milioni di apparecchi in uso, e Apple potrebbe inserirsi pesantemente in quel mercato dato che oltretutto le vendite di iPhone sono prevalentemente vendite di sostituzione rispetto ad altri prodotti di marchi concorrenti. Però.
Però la possibilità che il mercato giapponese si arrenda al fascino dell’iPhone è scarsa. Nonostante tutto l’appeal dell’apparecchio americano, infatti, le funzioni presenti in quel mercato specifico sono molto più integrate e particolari. Il telefono cellulare è utilizzato come centro di pagamento, come sistema di comunicazione via Internet su canali di chat che non hanno l’equivalente da noi in Occidente, su rotte d’uso che non ci sono e non possono venir sopperite facilmente da altri apparecchi. Google Maps e YouTube non paiono un’alternativa soddisfacente al microcosmo di funzioni che gli apparecchi nipponici portano usualmente con loro.
Interrogando analisti ed esperti del settore basati in Giappone, NewsWeek giunge alla conclusione che per i giapponesi i loro “keitai denwa” (telefoni portatili) o semplicemente “keitai” (portatili) sono talmente particolari da non poter essere sostituiti da quelli realizzati da un’azienda come Apple. Anche se più o meno la stessa cosa si diceva per il mercato europeo…