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Il futuro dell’informatica. Dal low cost al mobile? Parte Terza

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L’€™idea del ‘€œDigital Divide’€, il divario digitale che separa i ‘€œtecnicamente abili’€ da chi invece non ha accesso alle nuove tecnologie informatiche e di connessione alla rete, è spesso fraintesa. Si immagina che riguardi la distanza fra i ricchi abitanti del Primo Mondo e quelli dei paesi in via di sviluppo, o che non si sviluppano affatto. Insomma, il terzo mondo.

Invece, non è così. La formulazione originaria, legata come sempre agli Stati Uniti, era fra le zone industrializzate e urbanizzate contrapposte alle aree rurali, che negli Usa sono molto grandi, non molto ricche ma soprattutto poco o per niente connesse alla rete. Insomma, il digital divide è dietro casa. Ne sappiamo qualcosa anche noi in Italia dove, a parte la cronica ‘€œdebolezza’€ dei nostri operatori (che per la maggior parte vendono a prezzi proibitivi una banda larga che tanto larga in effetti non è), abbiamo una orografia tale da relegare ‘€œin serie B’€ la maggior parte dei comuni. Montagne, colline e isole hanno infatti accessi lenti o nessun accesso del tutto. In molti non possono avere la banda larga dove peraltro più servirebbe, cioè lontano dai grandi centri.

Se le tecnologie come il WiMax, le varie gradazioni di Umts veloce (Hdpa e fratelli) e altri sistemi ad esempio satellitari dovrebbero riuscire a colmare questo divario di connessione, dal punto di vista dell’€™adozione delle tecnologie di base (cioè il personal computer e gli apparecchi digitali) a fare la differenza spesso è anche la questione del prezzo. L’€™Italia ha visto nascere negli ultimi venti anni una fiorente industria di assemblatori di Pc, che hanno cavalcato l’€™onda della prima e seconda ‘€œpersonal-informatizzazione’€, legata alla diffusione del fantomatico ‘€œscatolone grigio’€ in cui viene messo insieme con pezzi di varie fonti il Pc. Una tradizione un po’€™ casereccia, considerando anche che l’€™Italia è uno dei paesi al mondo in cui queste terze parti hanno la maggior presenza sul mercato. I computer ‘€œprivate label’€, ‘€œno label’€ e assemblati ‘€œfai da te’€ sono infatti nostri predominio.

Questo ha voluto dire scoprire una informatica come prodotto e non come servizio (software precaricato e amico compiacente quando non lo stesso negoziante per continuare ad arricchire la dotazione di programmi della scatola grigia casalinga). Però le cose hanno cominciato a cambiare. Il Pc e il Mac (nel suo piccolo) si sono diffusi sempre più negli uffici e nelle scuole. Internet ha fatto la sua comparsa anche nella provincia e non solo nelle grandi città . La grande distribuzione ha cominciato a portare Pc con prezzi abbordabili in tutti i suoi punti vendita. Insomma, il nostro mercato interno (che è ben lungi dall’€™essere un mercato saturo e di sostituzione) ha cominciato ad allargarsi verso nuove fasce. A scapito sempre del prezzo.

Più o meno lo stesso fenomeno di guerra dei prezzi ha cominciato a manifestarsi negli ultimi tre anni anche nel resto del mondo. E la strada scelta, visti anche gli sviluppi della tecnologia, è stato duplice. Da un lato, passare dal paradigma del desktop a quello del portatile. Dall’€™altro, l’€™arrivo dei super-telefonini, cioè gli apparecchi che riescono in qualche maniera a fare le parti anche di un computer: per guardare la posta e fare un paio di giochi, magari, ma sempre meglio che niente.

Peccato che il nuovo ‘€œgiocattolo’€, cioè il portatile, in cui si poteva ancora guadagnare qualcosa in più dei margini risicati dei desktop, almeno dal punto di vista del produttore, è – come abbiamo visto nella prima puntata di questo viaggio attraverso il futuro dell’€™informatica personale – diventato un Re nudo. Cioè, si è dimostrato che si possono costruire portatili se non da 100, almeno da 200 dollari. A lanciare il guanto di sfida è stato Nicholas Negroponte. Ma altri hanno seguito. Ad esempio, Asus con il suo EEEPC.

Costa 300 euro o poco più a seconda delle versioni, funziona con un Intel Celeron addormentatissimo e ha di serie una distribuzione di Linux – la Xandos – che è meglio dimenticare alla svelta sostituendola con qualcosa di più sveglio. E presto ospiterà  anche una versione ‘€œridotta’€ di Windows Xp. Soprattutto, rompe con il paradigma del portatile per cui ‘€œpiccolo costa tanto’€. Perché oggettivamente l’€™EEEPC, nato come esperimento e diventato fenomeno di culto grazie al passaparola sino a sbarcare nelle offerte di uno dei principali operatori di telefonia mobile italiani, è una piccola rivoluzione. Ma non è l’€™unico. Il suo punto di forza è di unire tecnologie che un tempo erano caratteristiche dei Personal Digital Assistants, i Pda, come la memoria allo stato solido e lo schermo di piccole o piccolissime dimensioni, oltre al prezzo molto contenuto. Si ricordano il Newton di Apple ma anche lo Psion e i vari Palm. Dall’€™altro lato, a copiare il successo di Asus si stanno mettendo in molti.

Via Technologies, il produttore taiwanese di schede madri e processori, dei quali realizza versioni a basso consumo come a suo tempo faceva la Transmeta che aveva assunto anche Linus Torvalds, ha realizzato la ‘€œVia Pc-1 Initiative’€, cioè una piattaforma compatibile x86 (sulla quale girano cioè i software prodotti per Windows, Linux e teoricamente anche Mac Os X) il cui scopo è abbattere prezzi e consumi per portare più Pc a tutti, a prezzi bassi e con la possibilità  di avere connessioni a Internet. Tailandia, Mali, Pacific Rim, Samoha, Sudafrica: sono solo alcuni dei paesi in cui Via cerca di far proseguire la sua iniziativa realizzando il prodotto che risponda a una nuova fetta di mercato. Quello degli emergenti. L’€™idea di fondo, la stessa che oggi anima gli sforzi di Amd, Asus, Intel e vari altri, è che la responsabilità  sociale d’€™azienda e i piani di apertura a chi non si può permettere l’€™attuale costo della tecnologia sono non solo un’€™opera meritoria, ma anche un vero e proprio mercato in cui, adeguando i livelli di costi e di produzione, si possono fare i guadagni del futuro. Proprio come McDonald’€™s ha fatto inventando la catena di fast food che nutre (anche troppo, secondo gli alimentaristi) chi non può o non vuole andare al ristorante tradizionale.

Nel maelstrom di computer low cost ne emergono di vario genere: c’€™è lo Zonbox, un apparecchio desktop pensato da due imprenditori della Silicon Valley che con la loro Zonbu cercano di unire l’€™open source al low cost e soprattutto all’€™idea di Thin Client. Chi prende quel loro piccolo computer basato su Linux ha accesso ad una piattaforma in rete in cui può archiviare documenti e dati di vario genere. In questo modo si supera il limite dello storage locale (che, visti i costi delle memorie a stato solido è ancora proibitivo), si portano benefici all’€™ambiente (materiali con i quali vengono costruiti gli apparecchi e basso impatto energetico), si utilizzano tecnologie alternative a quelle a pagamento dei colossi (da Skype a Firefox ed Open Office) nella logica del ‘€œtutto a favore dell’€™utente’€.

Un altro campione del tutto libero e tutto a favore dell’€™utente è InkMedia, un portatile progettato in Canada con schermo da 8 pollici, processore Via Technologies, consumo energetico super limitato, Linux e software tutto Foss a bordo della scheda di serie da 1 Gb allo stato solido. Addirittura, InkMedia è entrato in relazione con l’€™Unione Europea ed è riuscito a ‘€œtoccare’€ un settore che finora era sfuggito alla maggior parte degli appassionati di low cost (che di solito si rivolgono al mondo dell’€™educazione, degli appassionati di Linux, del Terzo mondo e di pochi altri settori) andando a guardare invece la Terza Età , cioè gli anziani. Con il progetto dell’€™UE intitolato OLDES, parte del programma IST, l’€™idea è di dare alle ‘€œvolpi d’€™argento’€ una possibilità  di imparare l’€™informatica e a navigare. Sempre più spesso gli anziani infatti scoprono nelle nuove tecnologie uno strumento per costruire e mantenere la propria rete di relazioni che una ridotta mobilità  o le difficoltà  dei trasporti rendono più difficili.

Non è finita perché – e di esempi se ne potrebbero continuare a fare sino a domani – ci sono l’€™Elonex ONE basato su Linux con schermo da 7 pollici e memoria da 1 Gb allo stato solido; Linutop, una sorta di Mac mini in metallo e senza parti in movimento venduto senza tastiera e mouse con storage da 1 Gb basato su Geode di Amd e ovviamente Linux; il MiTYBOOK o A-View di Aware Electronics, pensato anche questo prevalentemente per il settore scolastico, e tutti gli altri vari ‘€œbassi di gamma’€ dei soliti noti: la maggior parte dei produttori, da Hp a Sony, sta infatti producendo macchine ‘€œfurbe’€ come entry level, che raggiungano la base di vendita dei concorrenti più immaginifici e che risparmiano ad esempio non includendo il costo di una licenza Microsoft. Con prezzi quindi che si fondono lungo la linea dei 300-400 euro per i portatili e dei 200-300 per i desktop.

Il futuro in parte sembrerebbe andare in questa direzione, anche se la caratteristica di questo tipo di macchine è di essere più simili ad elettrodomestici nella loro concezione che non a personal computer. Sono fin troppo caratterizzati e bloccati da hardware che sono in buona sostanza già  obsoleti oggi: funzioneranno se li si priva delle caratteristiche più naturali di un personal computer, cioè della macchina generalista per eccellenza. Non si aggiornano per non mettere alle strette la potenza (risicata) del processore. Nel medio periodo lo stesso succede anche con gli altri computer che, soprattutto nel mondo Wintel, ogni 18 mesi dovrebbero essere cambiati per reggere le nuove specifiche del software in circolazione. Ma queste nuove macchine low cost sono invece talmente tirate al risparmio che diventano sostanzialmente uguali alla maggior parte dei telefonini: come uno se li compra così se li tiene.

Il futuro invece in parte sta proprio in questo segmento dell’€™elettronica appena indicato: i telefonini. Che, come sappiamo soprattutto per averne visto la rapida adozione negli ultimi due anni negli Usa, stanno diventando la piattaforma di riferimento per accedere ad Internet. Agli statunitensi, infatti, la cosa che piace non è tanto usare il telefono per ciaccolare dalla mattina alla sera (come fanno gli europei con Italia e Spagna in pole position, secondo i noti stereotipi) ma per connettersi alla rete, guardare il web, inviare e ricevere le email, gestire altre forme di attività  da remoto che Internet consente. In questo settore, l’€™assedio ai computer è notevole perché il telefono cellulare, per quanto piccolo e dallo schermo limitato, è uno degli apparecchi personali per definizione. Ognuno ha il suo, sta sempre in tasca, funziona 24 ore al giorno, ovunque. Il computer, portatile o fisso, no: la batteria non dura, in vacanza difficilmente uno se lo porta, figuriamoci per andare la sera a cena fuori. Non è però l’€™unico fronte sul quale il Pc low cost o a prezzo pieno viene ‘€œassalito’€. C’€™è anche infatti il lato degli apparecchi casalinghi. Si immaginavano frigoriferi e televisioni con cui controllare la posta, non ci si è accorti che stavano arrivando le console con cui navigare in Internet e scoprire un mondo nuovo della rete.

Sul tema di come la console, fissa o portatile, si stia trasformando e stia trasformando insieme al telefono cellulare, all’€™iPod e a un altro paio di apparecchi la nostra vita parleremo più avanti in una nuova serie di articoli. Per adesso, invece, abbiamo viaggiato attraverso il mondo per scoprire che la tecnologia low cost non è tutta oro nonostante oggi stia luccicando parecchio, e che forse il suo futuro è un po’€™ meno brillante di quello che non potrebbe sembrare.

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