Bevono alla fonte di Facebook tutti i giorni. Cinguettano anche quando vanno al gabinetto. Sono i microserfs del XXI secolo, non quelli nati nella fantasia dello scrittore canadese Douglas Coupland nel 1995, ma quelli veri che vivono nelle nostre città e che forse leggono anche Macity.
La notizia del blackout di Twitter e poi del rallentamento (non altrettanto grave) di Facebook ha gettato nello sconforto milioni di appassionati in tutto il mondo e anche le redazioni di tutti i giornali, da sempre attentissime a cogliere qualsiasi segnale di costume che possa interessare i lettori. Twitter e prima Facebook, oggetti misteriosi per molti giornalisti, sono però argomento di cui discettare quotidianamente con le scuse meno probabili e quindi, a maggior ragione, nel momento della crisi e dell’attacco digitale, il cyberwarfare del quale si ciancia da tempo, in attesa del prossimo conflitto asimmetrico.
L’arrivo di schiarimenti su cosa sia in realtà successo nella giornata di ieri l’altro serve solo a dare altra benzina per far funzionare il motore della cronaca giornalistica. Dietro il crollo dei servizi, che fatichiamo a definire “essenziali” a chiunque, c’era comunque il desiderio di bloccare i messaggi di un solo uomo. Anzi, una sigla, certo Cyxymu, blogger dell’Abkhazia, che già nel 2008, durante la crisi dell’Ossezia, avevano posto sotto attacco alcuni spregiudicati presunti hacker russi.
Così, in tutto un susseguirsi di “pare”, “sembra” e “si dice”, l’utente e blogger che si chiama come una città della Georgia è diventato il protagonista, senza volerlo, di un grande incidente digitale per di più avvenuto indirettamente, dato che tutti gli attacchi di denial of service distribuito e di grosse dimensioni (chissà quanto sarà costato sul mercato nero mettere le mani sulle varie bot-net impiegate: magari si fanno saldi estivi prima delle nuove release dei software usati per controllarle) erano diretti esclusivamente contro di lui.
In futuro, quando questi servizi “fondamentali” per la specie umana, verranno interrotti di nuovo sempre per colpire un singolo digitalmente (e a che scopo, poi, visto che il servizio è stato fermo un paio d’ore al massimo?) ci ricorderemo del precedente di ieri come del giorno più caldo dell’agosto 2009. O quasi.