Vari big del settore IT si sono da qualche tempo trasferiti in Vietnam, affidandosi ad assemblatori locali per ridurre la dipendenza dalla Cina.
Anche Apple punta a essere sempre meno Cina-dipendente, e suoi fornitori sono presenti ad esempio in Vietnam e in India, dove sono sorti o stanno per sorgere nuovi impianti dedicati all’assemblaggio.
In Vietnam sono presenti stabilimenti di Foxconn dedicati a iPad, AirPods Pro e HomePod, e qui dovrebbero essere realizzati anche i nuovi Mac Pro e alcuni MacBook.
Il Wall Street Journal riferisce che alcuni stabilimenti di Foxconn, Luxshare e Samsung hanno ricevuto richieste da parte delle società che operano nel settore dell’energia elettrica, documenti nei quali si invitano i produttori a programmare a rotazione interruzioni di energia, a ridurre i consumi energetici nelle ore di punta, quando la domanda complessiva di elettricità è più bassa, per alleggerire la pressione sulla rete nazionale gestita dall’azienda di stato Vietnam Electricity (EVN).
“Troppi produttori di apparecchiature elettroniche hanno ampliato la capacità produttiva nell’area lo scorso anno”, ha riferito una delle fonti interpellate dal quotidiano statunitense, spiegando che “il consumo di energia è semplicemente salito vertiginosamente”.
Oltre al problema della crescente richiesta di energia, il Vietnam si trova ad affrontare un periodo di elevate temperature, con caldo torrido e siccità che comporta ovvie conseguenze per la produzione di energia idroelettrica.
Pochi giorni addietro Hanoi è rimasta al buio: per evitare il collasso, nella capitale e in altre città dello Stato del sud-est asiatico l’illuminazione pubblica è stata ridotta al minimo. Nella capitale l’orario della disponibilità dell’illuminazione pubblica è stato ridotto a un ora al giorno; una riduzione è stata predisposta anche su alcune strade principali e nei parchi pubblici. Anche gli uffici governativi sono stati esortati a ridurre di un decimo il consumo di energia.
Della necessità e delle difficoltà di Apple nel ridurre la dipendenza dalla Cina si parla da tempo e Bloomberg a ottobre aveva indicato in 8 anni il tempo necessario per spostare altrove un misero 10% dell’intera produzione.