Il regalo che molti adulti hanno sperato di trovare sotto l’albero anche quest’anno è stato uno dei modelli della Lego: costose scatole di migliaia di pezzi che da anni dominano un segmento particolare, quello dei sogni dei millennials.
Il Lego, dato mille volte per spacciato, per un motivo o per un altro, ha saputo mille volte reinventarsi e trovare nuove vie, come una fenice. Cogliamo l’occasione di queste feste e di un regalo inaspettato (ma molto gradito) a uno dei nostri redattori, oltre che assolutamente in tono con il mestiere di chi scrive per vivere, per dare un’occhiata a cos’è diventato il Lego oggi per chi non lo conosce.
I Lego Store
Uno dei fattori di successo del Lego, azienda danese con sede a Billund nata nel 1949, è quello di aver interpretato i sogni milioni e milioni di bambini. Il carpentiere danese Ole Kirk Christiansen che ha iniziato a costruire giochi di legno per bambini nel lontano 1932 è diventato prima un produttore di giochi di plastica, subito dopo la guerra, e poi di un set di mattoncini che si incastrano diventati lo standard mondiale del pianeta.
Lego, cioè leg godt, che in danese vuol dire “gioca bene”, inizia così, in piccolo e dalla periferia del mondo, ma con l’ambizione di divertirsi e far divertire, conquistando un bambino alla volta. Sino a quando non capisce che forse può e anzi deve continuamente muoversi, cambiando obiettivi di mercato rapidamente per non soccombere.
Un regalo gradito
Aprendo la scatola da 2.079 pezzi della serie Lego Ideas che contiene il kit di costruzione numero 21327 con la “Typewriter”, cioè la macchina per scrivere fatta di mattoncini, si avverte subito che dalla fine dello scorso millennio di acqua sotto i ponti ne è passata e parecchia.
Innanzitutto per la complessità, poi per il realismo, le dimensioni (in realtà in questo caso abbastanza contenute) e infine per il prezzo, che è molto elevato e “stagionale”. I modelli Lego Ideas partono a prezzo alto, vanno scontati nei negozi online o su quello della Lego ciclicamente e poi alla fine della loro corsa, quando escono di catalogo oltre che di produzione. E da quel momento è caccia alla scatola ancora sigillata, perché avere questi giochi in casa è un vero investimento, soprattutto se non sono stati aperti. Il prezzo può arrivare a essere moltiplicato per cinque e ci sono siti che monitorano scatole e valori, neanche fossero azioni di Borsa
I colori della rivoluzione
Da quando i moderni mattoncini Lego hanno debuttato nel 1958, la loro combinazione di colori ha subito una trasformazione, passando da una manciata a più di 110 al culmine nel 2004. La tavolozza si è evoluta, è cresciuta e si è ridotta nel corso dei decenni.
Quando Lego ha iniziato a produrre mattoncini, ha iniziato con una gamma di colori ridotta che poi è diventata sempre più ampia. Da quel momento è cominciato un processo di affinamento e test, che viene portato avanti sistematicamente. Perché tutto è pensato e studiato. Sembra facile, ma è una delle aziende più complesse al mondo. E il processo di produzione è uno sforzo di logistica titanico.
I colori sono fondamentali, così come le forme. Lego produce alcune migliaia di tipi diversi di mattoncini e raramente ne introduce di nuovi. I designer dei kit devono fare il massimo che possono con quello che c’è (ed è moltissimo). È un vero e proprio lavoro, pagato molto bene e che permette di avere grandi soddisfazioni, anche perché il business di Lego va davvero bene e i risultati si vedono.
Le grandi e le piccole serie
Lego ogni anno vende più di 70 miliardi di mattoncini, ce ne sono 650 miliardi in circolazione, venduti in 130 paesi, con 60 colori diversi e 3.400 forme e pezzetti.
Ci sono i mattoncini per bambini, con modelli e kit vari, spesso franchise che si appoggiano all’azienda danese per creare giocattoli riconoscibili. Quella stessa azienda che lavora anche per produrre serie tv animate, film e videogiochi che permettono di rivisitare in maniera felice franchise famosissimi (Star Wars, Harry Potter, Batman, per dirne tre). Ci sono i mattoncini per adolescenti, per persone meno esperte, per amanti delle cose semplici.
E poi ci sono i kit per gli adulti: giocattoli da collezione, da esposizione, da amare e da guardare, dopo averli montati. E che emozione, montare uno di questi modelli. Prendiamo ad esempio la nostra macchina per scrivere. Nata con il lavoro di designer appassionati, curata nei dettagli (inclusi i fogli con una lettera motivazionale in più lingue, oltre al sontuoso libretto di istruzioni passo-passo privo di qualsivoglia scritta per essere leggibile in tutto il mondo, come quelli Ikea per intendersi), la macchina per scrivere è un paradiso di complessità che soddisfa le menti più agitate, spingendole a concentrarsi sulla pratica zen del montaggio.
L’haiku di Lego
Si potrebbe scrivere uno Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta a proposito del Lego. A partire dalle istruzioni, con pagine che presentano un susseguirsi di pezzi che si incastrano senza un motivo apparente. Si comincia con dei veri e propri haiku del montaggio: attacca la ruota al perno. E poi a un altro perno. E poi aggiungi un collare, una fascetta, due pezzi da uno, sottili, impilati.
L’haiku si trasforma presto in una sinfonia di pezzi da agganciare, serrare e tenere lì, senza colla o altri meccanismi, in attesa di mettere assieme un altro pezzetto. C’è chi ha esperienza o semplicemente la mente giusta per capire dove si va a parare fin dalle prime mosse, e chi invece si lascia portare nella “zona”, nel “flusso” del montaggio: persi tra movimenti precisi ma ripetitivi, con attenzione al dettaglio e sempre a rischio di combinare pasticci che poi diventa drammatico rimettere a posto.
Alla fine, però, la soddisfazione è tanta: montare i modelli più complessi richiede tempo ma non è impossibile. La difficoltà è presto chiarita già dalla scatola, e la mente delle giovani generazioni è capace di miracoli, mentre i più anziani devono tirare fuori gli occhiali da lettura e anche i ricordi di quando si faceva modellismo analogico nel secolo scorso.
L’arte del Lego
Fiori di plastica, bonsai di plastica, castelli giapponesi di plastica, piramidi egiziane di plastica, automobili, motociclette, supereroi, veicoli spaziali e non. C’è tutto.
C’è anche il set delle architetture, con palazzi, case, silhouette di città. Ci sono i Lego facili da costruire e quelli praticamente impossibili. C’è l’appartamento di Friends, la serie tv degli anni Novanta, e tutte le ambientazioni di Harry Potter, c’è il guanto dell’infinito di Iron Man e c’è ci sono i caschi di Star Wars, o la miniatura di Bowser (cattivissimo) di Super Mario, oppure la cinepresa della vecchia Hollywood che è un omaggio ai cento anni dalla nascita di Walt Disney.
E non fateci neanche cominciare con i robot, le gru, le ruspe e i bulldozer, che si muovono sul serio telecomandati anche da app dello smartphone; o le moto e le auto da corsa, con gli ingranaggi dei motori simulati che comunque ingranano. E il kit con la chitarra elettrica? O quello con i mega-quadri da parete? Dall’onda di Kanazawa al planistero terracqueo, il più grande set della Lego. Sino al numero infinito di miniature, i personaggi, minuscoli ma divertenti, con sempre nuove uscite.
In conclusione
Abbiamo montato la “nostra” macchina per scrivere in due pomeriggi. Un esercizio di pazienza e anche un po’ faticoso perché ci vuole allenamento oltre che un minimo di predisposizione. Sappiamo che c’è sicuramente un Lego per chiunque, o per quasi chiunque, dentro il negozio del Babbo Natale danese.
È l’evoluzione definitiva del gioco per bambini, che diventa gioco per adulti? In parte sì, in parte è trasformazione per sopravvivere, in parte è un cambiamento culturale nel modo con il quale la nostra società percepisce il Lego e il divertimento. Ci saranno moltissimi studi in futuro come davvero tanti sono già stati fatti nel corso degli anni per spiegare cos’è e dove va il Lego del futuro.
È anche simbolico che l’apprezzato regalo di Natale fosse una macchina per scrivere: allegorica, stilizzata e astratta, con un design che lavora più sui modelli americani che non sulla tradizione dei nostri designer in forza alla Olivetti della Lettera 22 e della Valentino, forse per motivi di universalità e di copyright.
È simbolico perché la macchina per scrivere è un “pezzo di ferro” antico, che ha più di un secolo (quasi due, se si guardano i primi esperimenti) e contemporaneamente la sua tastiera è ancora oggi l’interfaccia universale per interagire con il computer. È la metafora del lavoro intellettuale, astratto, culturale, impiegatizio, terziario. E al tempo stesso inattuale. Eppure, montare questo modello ha avuto un sapore gustoso e antico al tempo stesso.
Un consiglio? Diffidate delle imitazioni. C’è un cartellino del prezzo molto alto ma Lego sa cosa sta facendo, molti dei suoi cloni asiatici no.
I kit Lego per adulti citati nell’articolo sono disponibili nei Lego Store, nei negozi di giocattoli più forniti e anche su Amazon. Una selezione dei kit più interessanti la trovate su questa pagina.