Apple ha cercato di bloccare lo sbarco sul mercato americao di Spotify. L’accusa, velata, molto cauta, condita da condizionali, arriva da Sean Parker, già fondatore di Napster, poi azionista di Facebook e ora seduto nella “stanza dei bottoni” dell’azienda che si occupa di streaming di brani musicali.
Le dichiarazioni di Parker sono giunte durante la D10 di AllThingsDigital, commentando il mercato musicale e la diffusione dell’azienda svedese in USA e in risposta ad una provocazione di Walt Mossberg che gli chiedeva le ragioni del ritardo per il debutto negli USA. Ufficialmente i problemi avanzati sono sempre stati di natura legale e normativa ma qualcuno ha sospettato che dietro a queste ragioni ci potessero essere mosse anche di Apple, una tesi che Parker ha timidamente corroborato «Ci sono segnali che questo potrebbe essere accaduto – ha replicato Parker – si sentono voci, gente che ti manda delle email… C’era la sensazione che Apple si fosse sentita minacciata da quel che stiamo facendo»
Secondo queste voci Apple avrebbe dunque fatto pressioni sul mercato dell’industria discografica per far sì che in USA Spotify restasse fuori dai giochi per impedire che il differente modello di business basato sulla musica in streaming e non sul download potesse intaccare il regno di iTunes.
La discussione durante l’intervista non ha poi avuto ulteriori sviluppi, ed Apple stessa non ha espresso alcun commento su quanto dichiarato da Parker che, comunque, è il primo eminente manager di Spotify a parlare apertamente di quanto si sussurra in diversi ambienti.